Japan History: Sanada Yukimura
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Sanada (Yukimura) Nobushige era uno dei più grandi samurai del periodo Sengoku. Secondogenito di Sanada Masayuki e fratello minore di Sanada Nobuyuki, non fu mai chiamato "Yukimura" durante la sua vita, poiché il suo vero nome era Nobushige. Sembra che Yukimura sia stato ottenuto durante la fine del periodo Edo. Conosciuto come "Crimson Demon of War" per i suoi striscioni rosso sangue e l'armatura rossa, è stato anche riconosciuto come "il più grande guerriero del Giappone" e persino "L'ultimo eroe Sengoku" dai suoi pari.
Da giovane era stato mandato da suo padre come ostaggio del clan degli Uesugi in cambio del sostegno di Uesugi contro i Tokugawa. Il padre che più tardi si schierò con Toyotomi Hideyoshi, come aveva fatto Uesugi, gli permise di tornare a casa da Ueda.
Sanada Nobushige ha servito direttamente Hideyoshi. La sua prima moglie, Aki-hime, era la figlia di Otani Yoshitsugu anche se adottata da Toyotomi Hideyoshi. Nobushige ebbe sette figlie e tre figli con quattro mogli, l'ultimo nato due mesi dopo la morte del padre.
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Il castello di Ueda, costruito nel 1583, era la casa del clan Sanada. Il fatto che fosse ben costruito fu provato per la prima volta nel 1583, quando il castello resistette all'attacco di una forza Tokugawa numericamente superiore. La sconfitta sarebbe stata imbarazzante per i Tokugawa nel futuro. Un altro simile assedio del castello di Ueda nel 1600 al tempo della battaglia di Sekigahara vide anche Tokugawa Hidetada, figlio ed erede di Ieyasu, che ha guidato il suo esercito lungo Nakasendo, strategicamente importante. Lungo la strada, si fermò e assediò il castello di Ueda. Nonostante ci fosse una grande distanza dal campo di battaglia di Sekigahara, gli eventi al castello di Ueda avrebbero quasi distrutto le intenzioni delle legioni Tokugawa. I Sanada resistettero abbastanza a lungo perché Hidetada arrivasse in ritardo alla battaglia stessa, privando Tokugawa di circa 38.000 uomini. Nobushige comandava solo 2.000 uomini all'interno del castello.
Sanada Masayuki e suo figlio Nobushige mantennero il castello di Ueda come alleato delle forze occidentali, tuttavia, Sanada Nobuyuki, stava combattendo per i Tokugawa. Ciò assicurava che almeno un membro della famiglia Sanada sarebbe stato tra i vincitori, indipendentemente dal risultato. Questo era chiaramente un piano per preservare il nome di famiglia. In seguito a Sekigahara, Nobushige e suo padre furono privati del loro dominio e furono esiliati sul santo monte, Koya.
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14 anni dopo che Sanada padre e figlio erano stati mandati in esilio, Nobushige si sarebbe ribellato contro i Tokugawa di nuovo durante l'assedio invernale di Osaka, e ancora una volta l'anno successivo nella campagna estiva. Nobushige aveva costruito una fortezza a forma di mezzaluna nell'angolo sud occidentale del Castello di Osaka, noto come Sanada Maru. L'avamposto fortificato era circondato da un fossato ampio, profondo e asciutto. La terra del fossato era ammucchiata all'interno, e lungo la cima di questo terrapieno c'era un semplice muro di legno a due piani, con piattaforme ad intervalli regolari. Apparentemente il Sanada Maru era armato di cannoni lungo le mura. Sanada Nobushige e circa 7.000 uomini respinsero ripetutamente circa 25.000 alleati dei Tokugawa. A volte i samurai di Sanada lasciavano i confini del Sanada Maru per contrattaccare le truppe nemiche.
L'anno seguente, durante l'assedio estivo di Osaka, Sanada Nobushige comandava il fianco destro delle forze di Toyotomi. Il 3 giugno, nonostante fosse completamente esausto dalla battaglia contro le forze di Date Masamune, Nobushige ed i suoi uomini erano tornati al Castello di Osaka per trovare le 150.000 uomini di Tokugawa che si preparavano a fare un ultimo assalto. Sperando di prenderli alla sprovvista e distruggere le loro formazioni, Nobushige mandò suo figlio, Daisuke, per istruire Hideyori a cercare opportunità per uscire dal castello e attaccare i Tokugawa.
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Tuttavia, al momento dell'attacco, Hideyori sembra aver perso il controllo e non riuscì a lanciare il contrattacco che avrebbe potuto invertire l'assedio. Le truppe dei Sanada furono sopraffatte. Gravemente ferito nella feroce battaglia contro Matsudaira Tadanao che lo aveva impegnato per la maggior parte di questo giorno, dalle 12 alle 17, Nobushige si sedette sotto un pino nel terreno del Santuario Yasui, incapace di proseguire. Quando l'ondata di forze nemiche si avvicinò, disse con calma il suo nome, e nel dire che era troppo stanco per continuare a combattere, permise a un samurai dei Tokugawa di nome Nishio Nizaemon di prendere la sua testa. Sanada Nobushige aveva 47 anni. La notizia della sua morte si diffuse rapidamente e il morale tra le truppe di Osaka cadde.
Il nome Yukimura venne conosciuto in tutto il Giappone a causa dei suoi combattimenti senza paura.
Shimazu Iehisa di Satsuma ha elogiato Yukimura, scrivendo "Sanada era il più grande guerriero in Giappone, più forte di qualsiasi guerriero nelle storie dei tempi antichi. L'esercito Tokugawa era mezzo sconfitto. Dico questo solo in generale."
Una statua dello stanco guerriero si trova ora sotto l'albero di pino di seconda generazione nel terreno del santuario.
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Japan Tradition: Saigō Takamori
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Saigō Takamori (1828-1877) è ricordato sia per il suo importante ruolo nella Restaurazione Meiji che rovesciò lo shogunato nel 1868 sia per la sua fallita ribellione contro il nuovo governo meno di un decennio dopo. Sebbene sia morto rinnegato, un perdono del governo ha riabilitato la sua reputazione. A 150 anni dalla restaurazione Meiji, i riflettori sono di nuovo sull'ultimo samurai.
L'ascesa di Saigō alla ribalta iniziò nel 1854 quando fu reclutato da Shimazu Nariakira, il daimyō del dominio Satsuma (ora prefettura di Kagoshima), per accompagnarlo nella capitale di Edo (ora Tokyo). Come funzionario di basso rango, Saigō si era occupato di progetti di costruzione di ponti, e strade. Riuscì a catturare l'attenzione di Nariakira con una serie di memorandum sull'amministrazione agricola che sottopose al governo provinciale. Ufficialmente era impiegato a Edo come giardiniere, ma i suoi compiti andavano oltre le piante. Mentre si trovava nella capitale, Saigō prese contatto con le principali personalità che si opponevano allo shogunato. Il lavoro all’aperto offriva una comoda copertura per Nariakira e Saigō per incontrarsi e parlare, evitando gli ostacoli che avrebbero affrontato a causa della loro ampia differenza di rango.
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Saigō quickly built a network of loyalists from Mito (now Ibaraki Prefecture) and other domains. He won the trust of Nariakira with his simple and emotional nature, and over time the daimyo came to look for the opinions of the younger people. However, the situation began to change from 1857 when Abe Masahiro died. He elderly shogunate adviser who had helped ensure the succession of his close friend Nariakira as Satsuma daimyo. Nariakira himself died the following year and the power in Satsuma passed to his younger brother Shimazu Hisamitsu. Meanwhile, the conservative politician Naosuke had taken effective control of the shogunate, launching an important crackdown on the reformists.
Suffering from the loss of Nariakira and facing difficult political prospects, Saigō was determined to follow his teacher to the grave but was persuaded by Gessho, the chief priest of a Kyoto temple, to flee with Satsuma. However, once there, they threw themselves into the sea in Kagoshima Bay and Gessho drowned, but Saigō miraculously survived.
Over the next five years, Saigō suffered periods of exile on the islands of Amami Ōshima and Okinoerabujima. On Amami he was given some freedom and married a local woman. However, After a brief respite on his return from Amami, he was again exiled to an island after angering Hisamitsu. This period of imprisonment became an opportunity for serious reflection on his life and shaped his personality as a caring man of firm principles.
Iechika Yoshiki, Saigō’s biographer and researcher, argues that, unlike most people, he was not afraid of death. Having lost many people he loved and respected, including his parents, Nariakira and Gessho, he was not terrified of dying and saw it as a way to be reunited with his loved ones.
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Iechika says that Saigō believed that heaven had spared his life for a reason and that he would live to complete his divine call. This philosophy is linked to his famous motto “keiten aijin”, which means "Respect the sky and love people". According to Saigō, the questions of life and death were above human consideration and had to be left entirely to fate.
In 1864 Saigō reconciled with Hisamitsu and returned to the Kyoto political center as commander of the Satsuma army. After rejecting the anti-shogunate forces from the Chōshū domain (now Yamaguchi Prefecture) while attempting to enter the city, he was promoted to the rank of high officer. The event, known as the Hamaguri Gomon incident, was Saigō's first battle experience with an army. The same year, he became chief of staff of the shogunate army sent to punish Chōshū. In 1866, however, Satsuma and Chōshū entered an alliance mediated by Sakamoto Ryōma. Saigō took charge of the opposition forces that would eventually become soldiers of the new Meiji government.
In 1864 Saigō reconciled with Hisamitsu and returned to the Kyoto political center as commander of the Satsuma army. After rejecting the anti-shogunate forces from the Chōshū domain (now Yamaguchi Prefecture) while attempting to enter the city, he was promoted to the rank of high officer. The event, known as the Hamaguri Gomon incident, was Saigō's first battle experience with an army. The same year, he became chief of staff of the shogunate army sent to punish Chōshū. In 1866, however, Satsuma and Chōshū entered an alliance mediated by Sakamoto Ryōma. Saigō took charge of the opposition forces that would eventually become soldiers of the new Meiji government.
In January 1868, the imperial loyalists led by Satsuma and Chōshū proclaimed the restoration of power from the shogun to the emperor. The resistance of the shogunate supporters triggered the Boshin war later in that month. Although the conflict dragged on until the following year, a key victory for the Meiji troops came with the surrendering of Edo Castle in the spring of 1868. With the city and nation in danger and fighting in Edo, Saigō entered the stronghold of the shogunate with only a handful of followers, wanting to try negotiation. Surrounded by enemy soldiers, he faced the prospect of murder. The discussion and cooperation between Saigō and the leader of the shogunate Katsu Kaishū led to the peaceful delivery of the castle, as a "bloodless delivery".
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In Japan, Saigō Takamori, Ōkubo Toshimichi and Kido Takayoshi are considered the three great figures of the Meiji Restoration. However, according to Iechika, Saigō's success at Edo Castle was something the other two members of the trio could never have achieved. He claims that without Saigō, the Meiji Restoration would never have happened and that people today see the event favorably because of this. On the contrary, if the movement had caused a bloody civil war, it is likely that public sentiment would have been very different. Although Saigō was not the astute politician that Ōkubo was, he had a love and a spirit that the other could not match.
In 1871 Saigō joined the Meiji government and in 1873 he became an army general. However, he resigns a few later after losing a debate about his support for a military expedition to Korea. He returned to his home in the prefecture of Kagoshima, where he spent his time cultivating and hunting. However, In 1877, he was convinced to lead an army of dissatisfied Samurai in the Satsuma rebellion. Driven by government forces in the battles on Kyūshū, the army reached the last position at Shiroyama in Kagoshima. Saigō committed suicide after his soldiers were defeated. He was 49 years old.
Saigō is the likely inspiration for Katsumoto Moritsugu - played by Watanabe Ken in the 2003 film The Last Samurai. The film complains of the passage of bushidō (the way of the Samurai) through Katsumoto, as noted by the Civil War veteran Tom Cruise, Nathan Algren (the character has no direct historical equivalent).
Saigo's association with traditional values in a modernized Japan is why he was called "the last Samurai". Just 12 years after his failed rebellion, he was pardoned by the Meiji government and in 1898 a statue of Saigō and his dog was erected in Tokyo's Ueno Park. Almost a century and a half after his death, it remains a popular historical and cultural icon.
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Japan History: Tokugawa Ieyasu
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Tokugawa Ieyasu (徳川家康, Gennaio 30, 1543 – Giugno 1, 1616) è stato il fondatore ed il primo shōgun dello shogunato di Tokugawa, che ha effettivamente comandato in Giappone data Battaglia di Sekigahara nel 1600 fino alla ristrutturazione di Meiji nel 1868. Ieyasu ha ottenuto il potere nel 1600, diventato shōgun nel 1603, e abdicato nel 1605 rimanendo al potere fino alla sua morte nel 1616. E’ stato uno dei tre unificatori del Giappone, insieme a lord Nobunaga e Toyotomi Hideyoshi.
Tokugawa Ieyasu, in origine Matsudaira Takechiyo , era figlio di Maytsudaira Hirotada, il daimyo di Mikawa del Matsudaira clan e di Odai-no-kata, la figlia del samurai lord Mizuno Tadamasa. I suoi genitori avevano rispettivamente 17 e 15 anni quando nacque Ieyasu.
Nell’anno della sua nascita, il clan Matsudaira si sciolse. Nel 1543, lo zio di Hirotada, Matsudaira Nobutaka, sconfisse il can Oda. Questo diede a Oda Nobuhide modo di attaccare Okazaki. Hirotada divorziò da Odai-no-kata rimandandola dalla sua famiglia per risposarsi nuovamente, infatti Ieyasu aveva 11 fratelli e sorelle.
Siccome Oda Nobunaga continuava ad attaccare Okazaki, nel 1548 Hirotada chiese aiuto ad Imagawa Yoshimoto che accettò l’alleanza.
Oda Nobuhide, venuto a conoscenza di questo accordo, fece rapire Ieyasu dal suo entourage in viaggio verso Sunpu. Ieyasu aveva solo cinque anni all'epoca.
Nobuhide minacciò di giustiziare Ieyasu a meno che suo padre non avesse rotto tutti i legami con il clan Imagawa; tuttavia, Hirotada rifiutò, affermando che sacrificare il proprio figlio avrebbe mostrato la sua serietà nel suo patto con Imagawa. Nonostante questo rifiuto, Nobuhide scelse di non uccidere Ieyasu, ma invece lo trattenne come ostaggio per i successivi tre anni nel Tempio Mansho-ji di Nagoya.
Nel 1549, quando Ieyasu aveva 6 anni, suo padre Hirotada fu assassinato dai suoi stessi vassalli, che erano stati corrotti dal clan Oda. Più o meno nello stesso periodo, Oda Nobuhide morì durante un'epidemia. La morte di Nobuhide ha inferto un duro colpo al clan Oda. Un esercito sotto il comando di Imagawa Sessai assediò il castello dove vivevano Oda Nobuhiro, il primogenito di Nobuhide e il nuovo capo del clan Oda. Con il castello che stava per cadere, Sessai offrì un accordo a Oda Nobunaga, secondogenito di Nobuhide. Egli si offrì di rinunciare all'assedio se Ieyasu fosse stato consegnato a Imagawa.
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La salita al potere (1556-1584)
Nel 1556 Ieyasu divenne ufficialmente maggiorenne, con Imagawa Yoshimoto che presiedeva la sua cerimonia di genpuku. Seguendo la tradizione, cambiò il suo nome da Matsudaira Takechiyo a Matsudaira Jirōsaburō Motonobu. Gli fu anche permesso per un breve periodo di visitare Okazaki per rendere omaggio alla tomba di suo padre e ricevere l'omaggio dei suoi servitori nominali, guidati dal karō Torii Tadayoshi.
Un anno dopo, sposò la sua prima moglie, Lady Tsukiyama, parente di Imagawa Yoshimoto, e cambiò nuovamente il suo nome in Matsudaira Kurandonosuke Motoyasu. Quando gli fu permesso di tornare a Mikawa, Imagawa gli ordinò quindi di combattere il clan Oda in una serie di battaglie.
Motoyasu ha combattuto la sua prima battaglia nel 1558 all'Assedio di Terabe. Il castellano di Terabe nel Mikawa occidentale, Suzuki Shigeteru, tradì Imagawa sconfiggendo Oda Nobunaga. Questo era all'interno del territorio di Matsudaira, quindi Imagawa Yoshimoto affidò la campagna a Ieyasu e ai suoi servitori di Okazaki. Ieyasu guidò l'attacco in persona, ma dopo aver preso le difese esterne, cominciò ad avere paura di un contrattacco, così si ritirò. Come anticipato, le forze di Oda attaccarono le sue linee, ma Motoyasu era preparato e scacciò l'esercito Oda.
Riuscì a consegnare rifornimenti nell'assedio di Odaka del 1559. Odaka era l'unico dei cinque forti di frontiera contestati dall'attacco di Oda, rimasto nelle mani di Imagawa. Motoyasu lanciò attacchi diversivi contro i due forti vicini, e quando le guarnigioni degli altri forti andarono in suo aiuto, la colonna di rifornimento di Ieyasu riuscì a raggiungere Odaka.
Nel 1560 la leadership del clan Oda era passata al brillante leader Oda Nobunaga. Imagawa Yoshimoto, a capo di un grande esercito (forse 25.000 persone) invase il territorio del clan Oda. A Motoyasu fu assegnata una missione separata per catturare la roccaforte di Marune. Quindi lui e i suoi uomini non erano presenti alla battaglia di Okehazama dove Yoshimoto fu ucciso nell'assalto a sorpresa di Nobunaga.
L’ Alleanza con Oda
Con la morte di Yoshimoto e il clan Imagawa in uno stato di confusione, Motoyasu colse l'occasione per affermare la propria indipendenza e riportare i suoi uomini nel castello abbandonato di Okazaki per reclamare il suo posto.
Motoyasu decise quindi di allearsi con il clan Oda. Era necessario un accordo segreto perché la moglie di Motoyasu, Lady Tsukiyama, e il figlio neonato, Nobuyasu, furono tenuti in ostaggio a Sumpu da Imagawa Ujizane, l'erede di Yoshimoto.
Nel 1561, Motoyasu conquistò la fortezza di Kaminogō, detenuto da Udono Nagamochi, attaccando nella notte, dando fuoco al castello e catturando due dei figli di Udono, che usò come ostaggi per liberare moglie e figlio.
Nel 1563 Nobuyasu era sposato con la figlia di Nobunaga Tokuhime.
Per gli anni successivi Motoyasu si impegnò a riformare il clan Matsudaira e a far pace con Mikawa. Ha anche rafforzato i suoi principali vassalli assegnando loro terre e castelli. Questi vassalli includevano: Honda Tadakatsu, Ishikawa Kazumasa, Kōriki Kiyonaga, Hattori Hanzō, Sakai Tadatsugu e Sakakibara Yasumasa.
Nei suoi primi giorni di daimyō di Mikawa Ieyasu ebbe rapporti difficili con i templi del Jōdō che diventarono sempre più numerosi nel nel 1563-64.
Durante questo periodo, il clan Matsudaira affrontò anche una minaccia proveniente da una fonte diversa. Mikawa fu un importante centro per il movimento Ikkō-ikki, dove i contadini si unirono con i monaci militanti sotto la setta Jōdo Shinshū e respinsero il tradizionale ordine sociale feudale. Motoyasu intraprese diverse battaglie per sopprimere questo movimento nei suoi territori, tra cui la Battaglia di Azukizaka. In un combattimento, fu quasi ucciso da due proiettili che non penetrarono nella sua armatura. Entrambe le parti stavano usando le nuove armi da polvere da sparo che i portoghesi avevano introdotto in Giappone solo 20 anni prima.
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Crescente influenza politica.
Nel 1567, cambiò ancora il suo nome, questa volta a Tokugawa Ieyasu. Così facendo, rivendicò la discesa dal clan Minamoto. Nessuna prova è stata effettivamente trovata per questa presunta discendenza dall'Imperatore Seiwa. Eppure, il suo nome di famiglia fu cambiato con il permesso della Corte Imperiale, dopo aver scritto una petizione, in cui gli era stato conferito il titolo di cortesia Mikawa-no-kami
Ieyasu rimase un alleato di Nobunaga e i suoi soldati facevano parte dell'esercito di Nobunaga che conquistò Kyoto nel 1568. Nello stesso tempo Ieyasu stava espandendo il suo territorio. Ieyasu e Takeda Shingen, il capo del clan Takeda nella provincia di Kai fecero un'alleanza allo scopo di conquistare tutto il territorio di Imagawa. Nel 1570, le truppe di Ieyasu conquistarono il castello di Yoshida (moderno Toyohashi), ed entrarono nella provincia di Tōtōmi. Nel frattempo, le truppe di Shingen conquistarono la provincia di Suruga (inclusa la capitale di Imagawa, Sunpu). Imagawa Ujizane fuggì al castello di Kakegawa, che Ieyasu pose sotto assedio. Ieyasu quindi negoziò con Ujizane, promettendo che se si fosse arreso, avrebbe aiutato Ujizane a riconquistare Suruga. Ujizane non aveva più nulla da perdere, e Ieyasu finì immediatamente la sua alleanza con Takeda, fstrinse una nuova alleanza con il nemico di Takeda, Uesugi Kenshin del clan Uesugi. Attraverso queste manipolazioni politiche, Ieyasu ottenne il sostegno dei samurai della provincia di Tōtōmi.
Nel 1570, Ieyasu stabilì Hamamatsu come capitale del suo territorio, mettendo suo figlio Nobuyasu a capo di Okazaki.
Lo stesso anno, condusse 5.000 dei suoi uomini a sostenere Nobunaga nella battaglia di Anegawa contro i clan Azai e Asakura.
Conflitto con Takeda
Nell'ottobre del 1571, Takeda Shingen, ora alleato del clan Odawara Hōjō, attaccò le terre Tokugawa a Tōtōmi. Ieyasu chiese aiuto a Nobunaga, che gli mandò circa 3000 soldati. All'inizio del 1572 i due eserciti si incontrarono nella battaglia di Mikatagahara. Il considerevolmente più grande esercito di Takeda, sotto la direzione esperta di Shingen, ha travolto le truppe di Ieyasu e causato gravi perdite. Nonostante la sua iniziale reticenza, Ieyasu fu convinto da uno dei suoi generali a ritirarsi. La battaglia fu una grande sconfitta, ma nell'interesse di mantenere l'apparenza di un dignitoso ritiro, Ieyasu ordinò spudoratamente agli uomini del suo castello di accendere torce, suonare tamburi e lasciare i cancelli aperti, per ricevere adeguatamente i guerrieri di ritorno. Con sorpresa e sollievo dell'esercito Tokugawa, questo spettacolo ha fatto insospettire i generali Takeda, quindi invece di assediare il castello, si sono invece accampati per la notte. Questo errore avrebbe permesso a una banda di ninja Tokugawa di razziare il campo nelle ore successive, sconvolgendo ulteriormente l'esercito disorientato di Takeda, e alla fine, nella decisione di Shingen risultò il cancellamento di tutta l'offensiva. Per inciso, Takeda Shingen non avrebbe avuto un'altra possibilità di avanzare su Hamamatsu, tanto meno su Kyoto, poiché sarebbe morto poco dopo l'assedio del castello di Noda un anno dopo, nel 1573.
Nel 1575, Takeda attaccò il castello di Nagashino nella provincia di Mikawa. Ieyasu fece appello a Nobunaga per chiedere aiuto e il risultato fu che Nobunaga venne personalmente a capo di un esercito molto grande (circa 30.000 combattenti). La forza Oda-Tokugawa di 38.000 combattenti conquistò una grande vittoria il 28 giugno 1575, nella battaglia di Nagashino, anche se Takeda Katsuyori sopravvisse alla battaglia e si ritirò di nuovo nella provincia di Kai.
Per i successivi sette anni, Ieyasu e Katsuyori combatterono una serie di piccole battaglie, in seguito alle quali le truppe di Ieyasu riuscirono a strappare il controllo della provincia di Suruga dal clan Takeda.
Nel 1579, la moglie di Ieyasu e il suo erede Nobuyasu furono accusati da Nobunaga di cospirare con Takeda Katsuyori per assassinare Nobunaga, la cui figlia Tokuhime (1559-1636) era sposata con Nobuyasu. Per questo Ieyasu ordinò alla moglie di essere giustiziata e costrinse il suo figlio maggiore, Nobuyasu, a commettere seppuku. Ieyasu quindi nominò il suo terzo figlio, Tokugawa Hidetada, come erede, dal momento che il suo secondo figlio fu adottato da un altro potere in ascesa: il generale del clan Oda,Toyotomi Hideyoshi, che presto sarebbe diventato il più potente daimyō del Giappone.
La fine della guerra con Takeda arrivò nel 1582 quando una forza combinata Oda-Tokugawa attaccò e conquistò la provincia di Kai. Takeda Katsuyori fu sconfitto nella battaglia di Tenmokuzan e poi commise seppuku.
Uma che contiene le ceneri di Tokugawa Ieyasu a Nikkō
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Morte di Nobunaga
Alla fine di giugno 1582, Ieyasu era vicino a Osaka e lontano dal suo territorio quando apprese che Nobunaga era stato assassinato da Akechi Mitsuhide. Ieyasu gestì il pericoloso viaggio di ritorno a Mikawa. Ieyasu stava mobilitando il suo esercito quando seppe che Hideyoshi aveva sconfitto Akechi Mitsuhide nella battaglia di Yamazaki.
La morte di Nobunaga fece sì che alcune province, governate dai vassalli di Nobunaga, potessero essere conquistate. Il capo della provincia di Kai commise l'errore di uccidere uno degli aiutanti di Ieyasu. Ieyasu invase prontamente Kai e prese il controllo. Hōjō Ujimasa, capo del clan Hōjō, rispose mandando il suo esercito molto più grande a Shinano e poi nella provincia di Kai. Nessuna battaglia fu combattuta tra le truppe di Ieyasu e il grande esercito di Hōjō e, dopo qualche trattativa, Ieyasu e Hōjō accettarono un accordo che lasciò Ieyasu nel controllo delle province di Kai e Shinano, mentre l'Hōjō prese il controllo della provincia di Kazusa (così come pezzi di entrambe le province di Kai e Shinano).
Nello stesso momento (1583) fu combattuta una guerra governare il Giappone tra Toyotomi Hideyoshi e Shibata Katsuie. Ieyasu non prese posizione in questo conflitto, basandosi sulla sua reputazione sia per prudenza che per saggezza. Hideyoshi sconfisse Katsuie alla battaglia di Shizugatake. Con questa vittoria, Hideyoshi divenne il daimyō più potente in Giappone.
Ieyasu e Hideyoshi (1584-1598)
Nel 1584 Ieyasu decise di sostenere Oda Nobukatsu, il primogenito figlio ed erede di Oda Nobunaga, contro Hideyoshi. Questo era un atto pericoloso e avrebbe potuto portare all'annientamento dei Tokugawa.
Le truppe Tokugawa presero la tradizionale roccaforte Oda di Owari; Hideyoshi rispose inviando un esercito ad Owari. La campagna di Komaki fu l'unica volta in cui uno dei grandi unificatori del Giappone combatterono l'un l'altro. La campagna si rivelò indecisa e, dopo mesi di marce e finte infruttuose, Hideyoshi risolse la guerra attraverso la negoziazione. Prima fece pace con Oda Nobukatsu, e poi offrì una tregua a Ieyasu. L'accordo è stato stipulato alla fine dell'anno; il secondo figlio di Ieyasu, Ogimaru (noto anche come Yuki Hideyasu) divenne figlio adottivo di Hideyoshi.
L'aiutante di Ieyasu, Ishikawa Kazumasa, scelse di unirsi al daimyō e così si trasferì a Osaka per stare con Hideyoshi. Tuttavia, pochi altri detentori di Tokugawa hanno seguito questo esempio.
Hideyoshi era comprensibilmente diffidente nei confronti di Ieyasu, e passarono cinque anni prima che combattessero come alleati. I Tokugawa non parteciparono alle invasioni di Hideyoshi di Shikoku e Kyūshū.
Nel 1590, Hideyoshi attaccò l'ultimo daimyō indipendente in Giappone, Hōjō Ujimasa. Il clan Hōjō governò le otto province della regione di Kantō nell'est del Giappone. Hideyoshi ordinò loro di sottomettersi alla sua autorità, ma si rifiutarono. Ieyasu, sebbene amico e occasionale alleato di Ujimasa, si unì alla sua grande forza di 30.000 samurai con l'enorme esercito di Hideyoshi di circa 160.000. Hideyoshi attaccò diversi castelli ai confini del clan Hōjō con la maggior parte del suo esercito che assediava il castello di Odawara. L'esercito di Hideyoshi catturò Odawara dopo sei mesi. Durante questo assedio, Hideyoshi offrì a Ieyasu un accordo radicale. Offrì a Ieyasu le otto province di Kantō che stavano per prendere dall'Hōjō in cambio delle cinque province che Ieyasu controllava attualmente, compresa la sua provincia, Mikaw). Ieyasu ha accettato questa proposta. In preda al potere schiacciante dell'esercito Toyotomi, l'Hōjō accettò la sconfitta, i massimi leader Hōjō si uccisero e Ieyasu entrò in campo prendendo il controllo delle loro province, ponendo fine al regno del clan di oltre 100 anni.
La Battaglia di Sekigahara (1598-1603)
Hideyoshi, dopo altri tre mesi di malattia, morì il 18 settembre 1598. Venne nominalmente succeduto dal suo giovane figlio Hideyori ma, a soli cinque anni, il vero potere era nelle mani dei reggenti. Nei due anni successivi Ieyasu fece alleanze con vari daimyō, specialmente quelli che non avevano amore per Hideyoshi. Fortunatamente per Ieyasu, il più vecchio e rispettato, Toshiie Maeda, morì dopo appena un anno. Con la morte di Toshiie nel 1599, Ieyasu guidò un esercito a Fushimi e conquistò il Castello di Osaka, la residenza di Hideyori. Ciò fece arrabbiare i tre reggenti rimanenti e cominciarono a strutturarsi i piani su tutti i fronti per la guerra. Fu anche l'ultima battaglia di uno dei più leali e potenti servitori di Ieyasu, Honda Tadakatsu.
L'opposizione a Ieyasu era incentrata su Ishida Mitsunari, un potente daimyō che non era uno dei reggenti. Mitsunari ha ideato la morte di Ieyasu e le notizie su questo complotto raggiunsero alcuni dei generali di Ieyasu. Tentarono di uccidere Mitsunari ma fuggì e ottenne protezione da nientemeno che da Ieyasu stesso. Non è chiaro perché Ieyasu proteggesse un potente nemico dai suoi uomini, ma era uno stratega e potrebbe aver pensato che sarebbe stato meglio guidare l'esercito nemico con Mitsunari piuttosto che uno dei reggenti.
Quasi tutti i daimyō e samurai giapponesi si divisero in due fazioni: l'esercito occidentale (gruppo di Mitsunari) e l'esercito orientale (gruppo anti-Mitsunari). Ieyasu sostenne il gruppo anti-Mitsunari e li formò come suoi potenziali alleati. Gli alleati di Ieyasu erano il clan Date, il clan Mogami, il clan Satake e il clan Maeda. Mitsunari si alleò con gli altri tre reggenti: Ukita Hideie, Mōri Terumoto e Uesugi Kagekatsu e molti daimyō dall’estremo orientale di Honshū.
Nel giugno del 1600, Ieyasu e i suoi alleati trasferirono i loro eserciti per sconfiggere il clan Uesugi, che fu accusato di aver pianificato una rivolta contro l'amministrazione di Toyotomi. Prima di arrivare nel territorio di Uesugi, Ieyasu venne a sapere che Mitsunari e i suoi alleati avevano spostato il loro esercito contro Ieyasu. Ieyasu tenne un incontro con i daimyōs e che accettarono di seguirlo. Quindi condusse la maggior parte del suo esercito a ovest verso Kyoto. Alla fine dell'estate, le forze di Ishida catturarono Fushimi.
Ieyasu e i suoi alleati marciarono lungo il Tōkaidō, mentre suo figlio Hidetada seguì il Nakasendō con 38.000 soldati. Una battaglia contro Sanada Masayuki nella provincia di Shinano ritardò le forze di Hidetada, così non arrivarono in tempo per la battaglia principale.
Questa battaglia, combattuta vicino a Sekigahara, fu la più grande e una delle più importanti battaglie della storia feudale giapponese. Cominciò il 21 ottobre 1600, con un totale di 160.000 uomini uno di fronte all'altro. La battaglia di Sekigahara si concluse con una vittoria completa di Tokugawa. Il blocco occidentale fu schiacciato e nei giorni seguenti Ishida Mitsunari e molti altri nobili occidentali furono catturati e uccisi. Tokugawa Ieyasu era ora il governatore di fatto del Giappone.
Subito dopo la vittoria a Sekigahara, Ieyasu ridistribuì la terra ai vassalli che lo avevano servito, lasciò illesi i daimyōs, come il clan Shimazu, ma altri furono completamente distrutti. Toyotomi Hideyori (il figlio di Hideyoshi) perse gran parte del suo territorio che era sotto la gestione dei daimyō occidentali, e fu degradato a daimyō ordinario, non in un governatore del Giappone. Negli anni successivi i vassalli che avevano giurato fedeltà a Ieyasu prima della battaglia, diventarono noti come fudai daimyō, mentre quelli che gli avevano promesso fedeltà dopo la battaglia (in altre parole, dopo che il suo potere era indiscusso) erano conosciuti come Tozama daimyō. I Tozama daimyō erano considerati inferiori ai Fudai daimyōs.
Shōgun (1603-1605)
Il 24 marzo 1603, Tokugawa Ieyasu ricevette il titolo di shōgun dall'imperatore Go-Yōzei. Ieyasu aveva 60 anni. Era sopravvissuto a tutti gli altri grandi uomini del suo tempo: Nobunaga, Hideyoshi, Shingen, Kenshin. Come shōgun, usò i suoi ultimi anni per creare e consolidare lo shogunato Tokugawa, che inaugurò il periodo Edo ed era il terzo governo di shogunato (dopo il Kamakura). Rivendicò la discesa dal clan Minamoto, attraverso il clan Nitta. I suoi discendenti si sarebbero sposati nel clan di Taira e nel clan Fujiwara. Lo shogunato Tokugawa governò il Giappone per i successivi 250 anni.
Seguendo un modello giapponese ben consolidato, Ieyasu abdicò la sua posizione ufficiale di shōgun nel 1605. Il suo successore fu suo figlio ed erede, Tokugawa Hidetada. Potrebbero esserci stati diversi fattori che hanno contribuito alla sua decisione, incluso il suo desiderio di evitare di legarsi ai doveri cerimoniali, di rendere più difficile per i suoi nemici attaccare il vero centro di potere e di assicurare una più agevole successione di suo figlio. L'abdicazione di Ieyasu non ha avuto alcun effetto sull'estensione pratica dei suoi poteri o del suo governo; ma Hidetada assunse tuttavia un ruolo di capo formale della burocrazia dello shogunal.
Ōgosho (1605-1616)
Ieyasu, in qualità di shōgun in pensione (大 御所 ōgosho), rimase l'effettivo sovrano del Giappone fino alla sua morte. Si ritirò nel castello di Sunpu, ma supervisionò anche la costruzione del castello di Edo, un imponente progetto di costruzione che è durato per il resto della vita di Ieyasu. Il risultato è stato il castello più grande di tutto il Giappone, i costi per la costruzione del castello sono stati sostenuti da tutti gli altri daimyō, mentre Ieyasu ha raccolto tutti i benefici. Il donjon centrale, o tenshu, bruciò nel 1657. Oggi, il Palazzo Imperiale si trova al posto del castello.
Nel 1611 Ieyasu, a capo di 50.000 uomini, visitò Kyoto per assistere all'incoronazione dell'imperatore Go-Mizunoo. A Kyoto, Ieyasu ordinò la ristrutturazione della corte e degli edifici imperiali e costrinse i restanti daimyos occidentali a firmargli un giuramento di fedeltà.
Nel 1613, compose il Kuge Shohatto (公家諸法度), un documento che sottoponeva la corte sotto stretta supervisione dei daimyo, lasciandoli come semplici prestanome cerimoniali.
Nel 1615 Ieyasu preparò il Buhat shohatto (武家諸法度), un documento che illustrava il futuro del regime Tokugawa.
Relazioni con potenze straniere
Come Ōgosho, Ieyasu supervisionò anche gli affari diplomatici con Paesi Bassi, Spagna e Inghilterra. Ieyasu scelse di allontanare il Giappone dall'influenza europea a partire dal 1609, sebbene lo shogunato continuasse a concedere diritti commerciali preferenziali alla Compagnia olandese delle Indie Orientali e consentì loro di mantenere una "fabbrica" per scopi commerciali.
Dal 1605 fino alla sua morte, Ieyasu si consultò frequentemente con il maestro d'armi inglese e pilota, William Adams, che, fluente in giapponese, assistette lo shogunato nella negoziazione dei rapporti commerciali.
I tentativi significativi di limitare l'influenza dei missionari cristiani in Giappone risalgono al 1587 durante lo shogunato di Toyotomi Hideyoshi. Tuttavia, nel 1614, Ieyasu era sufficientemente preoccupato per le ambizioni territoriali spagnole che firmò un editto di espulsione cristiana. L'editto bandiva la pratica del cristianesimo e portava all'espulsione di tutti i missionari stranieri. Sebbene alcune operazioni commerciali minori rimasero a Nagasaki, questo editto limitò drasticamente il commercio estero e segnò la fine della testimonianza cristiana aperta in Giappone fino al 1870.
Assedio di Osaka
L'ultima minaccia rimasta al dominio di Ieyasu era Toyotomi Hideyori, il figlio e legittimo erede di Hideyoshi. Ora era un giovane daimyō che viveva nel castello di Osaka. Molti samurai che si opposero a Ieyasu si radunarono attorno a Hideyori, affermando di essere il legittimo sovrano del Giappone. Ieyasu ha criticato la cerimonia di apertura di un tempio costruito da Hideyori; era come se avesse pregato per la morte di Ieyasu e per la rovina del clan Tokugawa. Ieyasu ordinò a Toyotomi di lasciare il Castello di Osaka, ma gli abitanti si rifiutarono e convocarono i samurai per radunarsi all'interno del castello. Poi i Tokugawa, con un enorme esercito guidato da Ieyasu e lo shōgun Hidetada, assediarono il castello di Osaka in quello che oggi è conosciuto come "l'assedio invernale di Osaka". Alla fine, Tokugawa fu in grado di far precipitare le trattative e un armistizio dopo aver diretto il fuoco e minacciato la madre di Hideyori, Yodo-dono. Tuttavia, una volta che il trattato fu concordato, Tokugawa riempì di sabbia i fossati esterni del castello in modo che le sue truppe potessero attraversarlo. Attraverso questo stratagemma, Tokugawa ottenne un enorme tratto di terra attraverso la negoziazione e l'inganno. Ieyasu tornò al castello di Sunpu, ma dopo che Toyotomi rifiutò un altro ordine di lasciare Osaka, lui e il suo esercito alleato di 155.000 soldati attaccarono di nuovo il castello di Osaka nell '"assedio estivo di Osaka".
Alla fine, nel 1615, il castello di Osaka cadde e quasi tutti i difensori furono uccisi tra cui Hideyori, sua madre (la vedova di Hideyoshi, Yodo-dono) e suo figlio neonato. Sua moglie, Senhime (una nipote di Ieyasu), implorò di salvare le vite di Hideyori e Yodo-dono. Ieyasu rifiutò e obbligò entrambi a commettere un suicidio rituale, o forse uccise entrambi. Alla fine, Senhime fu rimandato vivo a Tokugawa.
La morte
Nel 1616, Ieyasu morì all'età di 73 anni. Si pensa che la causa della morte sia stata il cancro o la sifilide. Il primo shogun Tokugawa fu deificato postumo con il nome Tōshō Daigongen, il "Grande Gongen, la luce dell'est". (Si ritiene che un Gongen sia un Buddha che è apparso sulla Terra sotto forma di un kami per salvare esseri senzienti). Nella vita, Ieyasu aveva espresso il desiderio di essere divinizzato dopo la sua morte per proteggere i suoi discendenti dal male. Le sue spoglie furono sepolte nel mausoleo dei Gongen a Kunōzan, Kunōzan Tōshō-gū . Come opinione comune, molte persone credono che "dopo il primo anniversario della sua morte, le sue spoglie sono state nuovamente sepolte nel Santuario di Nikkō, Nikkō Tōshō-gū. I suoi resti sono ancora lì". Nessuno dei due santuari si è offerto di aprire le tombe, quindi la posizione dei resti fisici di Ieyasu è ancora un mistero. Lo stile architettonico del mausoleo divenne noto come gongen-zukuri, ovvero in stile gongen. In primo luogo è stato dato il nome buddista Tosho Dai-Gongen , poi dopo la sua morte è stato cambiato in Hogo Onkokuin.
Tomba Ieyasu a Tōshō-gū
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Era della regola di Ieyasu
Ieyasu aveva un certo numero di qualità che gli hanno permesso di salire al potere. Era sia attento che audace, ai tempi giusti e nei posti giusti. Calcolatore e sottile, Ieyasu cambiò alleanze quando pensò che avrebbe beneficiato del cambiamento. Si alleò con il clan tardo Hōjō; poi si unì all'esercito di conquista di Hideyoshi, che distrusse l'Hōjō; e lui stesso ha assunto le loro terre. In questo era come gli altri daimyo del suo tempo. Quella era un'era di violenza, morte improvvisa e tradimento. Non era molto benvoluto né personalmente popolare, ma era temuto e rispettato per la sua leadership e la sua astuzia. Ad esempio, ha saggiamente tenuto i suoi soldati fuori dalla campagna di Hideyoshi in Corea .
Era capace di una grande lealtà: una volta alleatosi con Oda Nobunaga, non andò mai contro di lui, ed entrambi i leader approfittarono della loro lunga alleanza. Era noto per essere leale nei confronti dei suoi amici, si diceva che avesse anche una stretta amicizia con il suo vassallo Hattori Hanzō. Si dice tuttavia che ricordasse i torti subiti e che abbia giustiziato un uomo perché lo aveva insultato quando era giovane
Ieyasu proteggeva molti ex servitori di Takeda dall'ira di Oda Nobunaga, che era noto per nutrire un aspro rancore verso i Takeda. Ma sapeva anche essere spietato, ad esempio, ordinò le esecuzioni della sua prima moglie e del suo figlio maggiore, un genero di Oda Nobunaga ed era anche uno zio della moglie di Hidetada, Oeyo.
Era crudele, implacabile e spietato nell'eliminazione dei sopravvissuti di Toyotomi dopo Osaka. Per giorni, dozzine e decine di uomini e donne sono stati braccati e giustiziati, incluso un figlio di Hideyori di otto anni da una concubina decapitata.
A differenza di Hideyoshi, non aveva alcun desiderio di conquistare nulla al di fuori del Giappone voleva soltanto portare ordine, porre fine alla guerra aperta e governare il Giappone.
Mentre all'inizio fu tollerante del cristianesimo, il suo atteggiamento cambiò dopo il 1613 e le esecuzioni dei cristiani aumentarono bruscamente.
Il passatempo preferito di Ieyasu era la falconeria. Lo considerava un eccellente allenamento per un guerriero. "Quando vai in campagna, impari a comprendere lo spirito militare e anche la dura vita delle classi inferiori: eserciti i muscoli e alleni le tue arti. Riesci a camminare e correre e diventando indifferente al caldo e freddo, e quindi è poco probabile che tu possa soffrire di qualche malattia ". Ieyasu nuotava spesso; anche in vecchiaia si dice che abbia nuotato nel fossato del Castello di Edo.
Ha anche preso una borsa di studio e religione, frequentando studiosi come Hayashi Razan.
Due delle sue famose citazioni:
La vita è come un lungo viaggio con un pesante fardello. Lascia che il tuo passo sia lento e fermo, non inciampare. Persuaditi che l'imperfezione e l'inconveniente sono la cosa maggiore dei mortali, e non ci sarà spazio per il malcontento, né per la disperazione. Quando sorgono desideri ambiziosi nel tuo cuore, ricorda i giorni di estremismo che hai attraversato. La tolleranza è la radice di ogni tranquillità e sicurezza per sempre. Guarda l'ira del tuo nemico. Se solo sai cosa vuol dire conquistare, e non sai cosa vuol dire sconfiggere. Trova difetti in te stesso piuttosto che agli altri.
I forti virili nella vita sono quelli che capiscono il significato della parola pazienza. Pazienza significa limitare le proprie inclinazioni. Ci sono sette emozioni: gioia, rabbia, ansia, adorazione, dolore, paura e odio, e se un uomo non cede il passo a questi può essere chiamato paziente. Non sono forte come potrei essere, ma ho sempre saputo e praticato la pazienza. E se i miei discendenti desiderano essere come sono, devono studiare la pazienza.
Japan History: Quarantasette Ronin
Quarantasette Ronin
La vendetta dei quarantasette rōnin (四 十七 士 Shi-jū-shichi-shi, quarantasette samurai), anche nota come l'incidente di Akō (Akō jiken) o vendetta di Akō, in cui una banda di rònin (samurai senza leader) vendicò la morte del loro maestro, è considerato un evento storico in Giappone.
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La storia narra di un gruppo di samurai che rimasero senza leader dopo che il loro daimyō Asano Naganori fu costretto a eseguire seppuku per aver aggredito Kira Yoshinaka, un ufficiale di corte il cui titolo era Kōzuke no suke. Dopo aver atteso e pianificato per un anno, i rōnin vendicarono l'onore del loro padrone uccidendo Kira. A loro volta, erano obbligati a commettere seppuku per aver commesso il reato di omicidio. Questa storia è stata resa popolare nella cultura giapponese come emblema di lealtà, sacrificio, perseveranza e onore, tutto ciò che le persone dovrebbero ricercare nella loro vita quotidiana. La popolarità del racconto crebbe durante l'era Meiji, in cui il Giappone subì una rapida modernizzazione, e la leggenda divenne importante nei discorsi di eredità e identità nazionali.
I racconti romanzati della storia dei Quarantasette Rönin sono noti come Chūshingura. La storia è stata resa popolare in numerosi spettacoli, tra cui bunraku e kabuki. A causa delle leggi di censura dello shogunato nell'era Genroku, che vietava il ritratto degli eventi attuali, i nomi furono cambiati. La prima Chūshingura fu scritta circa 50 anni dopo l'evento.
Le leggi sulla censura si erano attenuate un po’ 75 anni dopo, alla fine del XVIII secolo, quando lo studioso di Giappone Isaac Titsingh registrò per la prima volta la storia dei quarantasette rōnin come uno degli eventi significativi dell'era Genroku. Fino ad oggi, essa continua ad essere popolare in Giappone, e ogni anno il 14 dicembre, nel Tempio Sengakuji, dove sono sepolti Asano Naganori e i rōnin, si tiene un festival che commemora l'evento.
Nel 1701, due daimyō, Asano Takumi-no-Kami Naganori e Lord Kamei Korechika del dominio Tsuwano, ricevettero l'ordine di organizzare un ricevimento per gli inviati dell’imperatore al castello di Edo, durante il loro servizio di sankin-kōtai allo shōgun.
Asano e Kamei dovevano ricevere istruzioni nella necessaria etichetta di corte da Kira Kozuke-no-Suke Yoshinaka, un potente funzionario dello shogunato di Tokugawa Tsunayoshi. Lui si arrabbiò molto con loro, o a causa dei regali insufficienti che gli offrivano, o perché non riuscirono ad offrire le tangenti richieste. Altre fonti lo descrivono naturalmente maleducato e arrogante o corrotto, questo comportamento offendeva Asano, un confuciano devotamente morale. Secondo alcuni resoconti, pare che Asano non avesse familiarità con le complessità del tribunale dello shogunato e non avesse mostrato la giusta dose di deferenza verso Kira.
Inizialmente, Asano sopportava tutto stoicamente, mentre Kamei si infuriava e si era preparato ad uccidere Kira per vendicare gli insulti. Tuttavia, i consiglieri di Kamei evitarono il disastro per il loro signore e clan dando praticamente a Kira una grossa tangente; Kira cominciò allora a trattare bene Kamei e questo riuscì a calmarlo.
Tuttavia, Kira avrebbe continuato a trattare Asano duramente perchè non perdeva la pazienza come il suo compagno. Alla fine, Kira insultò Asano, definendolo un contadino di paese senza buone maniere, e Asano finalmente smise di trattenersi. Al Matsu no Ōrōka, il grande corridoio principale della residenza Honmaru Goten, Asano perse la calma e attaccò Kira con un pugnale, ferendolo in faccia. Dovettero intromettersi le guardie per separarli.
La ferita di Kira non era grave, ma l'attacco a un funzionario dello shogunato entro i confini della residenza dello shogun era considerato un grave reato. Ogni tipo di violenza era completamente proibita nel castello di Edo. Il daimyō di Akō aveva sguainato il suo pugnale all'interno del castello Edo, e per tale reato, gli fu ordinato di fare seppuku. I beni e le terre di Asano dovevano essere confiscati dopo la sua morte, la sua famiglia doveva essere rovinata, e i suoi servitori dovevano diventare rōnin
Questa notizia arrivò a Ōishi Kuranosuke Yoshio, il principale consigliere di Asano, che prese il comando e trasferì la famiglia Asano prima di consegnare il castello agli agenti del governo.
Degli oltre 300 uomini di Asano, 47, in particolare il loro leader Ōishi, si rifiutarono di permettere al loro signore di vendicarsi, anche se la vendetta era stata proibita. Si unirono giurando in segreto di vendicare il loro padrone e di uccidere Kira, anche se sapevano che sarebbero stati severamente puniti per quello.
Kira era comunque ben sorvegliato e la sua residenza era stata fortificata per impedire proprio un simile evento. I ronin videro che non avrebbero dovuto destare i sospetti di Kira e di altre autorità dello shogunato, così si dispersero e divennero commercianti e monaci.
Ōishi prese residenza a Kyoto e cominciò a frequentare bordelli e taverne, come se non riuscisse a pensare ad altro che la vendetta. Kira temeva ancora una trappola e mandava spie a sorvegliare gli ex servitori di Asano.
Un giorno, mentre Ōishi tornava a casa ubriaco, cadde in strada e si addormentò, e tutti i passanti lo derisero. Un uomo Satsuma fu così infuriato da questo comportamento da parte di un samurai che incominciò ad insultarlo, dandogli un calcio in faccia e sputandogli addosso.
Non molto tempo dopo, Ōishi divorziò dalla sua fedele moglie dopo vent'anni per non farle del male quando i rōnin si vendicarono. La mandò via con i loro due bambini più piccoli per vivere con i suoi genitori; chiese al loro figlio maggiore, Chikara, se avesse preferito rimanere, combattere o andarsene. Chikara rimase con suo padre.
Ōishi cominciò a comportarsi in modo strano e molto diverso dai samurai. Frequentava le geishe (in particolare Ichiriki Chaya), beveva ogni notte e parlava oscenamente in pubblico. Gli uomini di Ōishi comprarono una geisha, sperando che lei lo calmasse. Questo era tutto uno stratagemma per liberare Ōishi dalle sue spie.
Gli agenti di Kira riferirono tutto questo a Kira, che si convinse di essere al sicuro dai servitori di Asano, sembrandogli tutti senza il coraggio di vendicare il loro padrone dopo un anno e mezzo. Pensandoli inoffensivi, abbassò la guardia.
Il resto dei fedeli rōnin riuniti ad Edo, e nei loro ruoli di mercanti e lavoratori, ebbero accesso alla casa di Kira, diventando familiari con l’ambiente e le persone. Okano Kinemon Kanehide sposò la figlia di uno dei costruttori della casa, riuscendo ad avere il progetto. Tutto questo fu riportato a Ōishi. Altri si riunirono e trasportarono le armi ad Edo.
Dopo due anni, quando era convinto che Kira fosse completamente ignaro, e tutto era pronto, Ōishi fuggì da Kyoto, evitando le spie che lo stavano osservando, e l'intera banda si radunò in un luogo d'incontro segreto a Edo per rinnovare i loro giuramenti.
Il 30 gennaio 1703 al mattino presto, Ōishi e un altro rōnin attaccarono la casa di Kira Yoshinaka a Edo. Secondo un piano accuratamente definito, si divisero in due gruppi e attaccarono armati di spade e archi. Un gruppo, guidato da Ōishi, doveva attaccare il cancello principale; l'altro, guidato da suo figlio, Ōishi Chikara, doveva attaccare la casa attraverso il cancello sul retro. Un tamburo avrebbe suonato l'attacco simultaneo, e un fischio avrebbe segnalato la morte di Kira.
Una volta morto, progettarono di tagliare la testa a Kira e posarla come offerta sulla tomba del loro padrone. Si sarebbero poi consegnati e avrebbero aspettato la loro prevista condanna a morte. Tutto ciò era stato confermato durante una cena finale, durante la quale Ōishi aveva chiesto loro di stare attenti e risparmiare donne, bambini e altre persone indifese.
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Ōishi aveva quattro uomini alla recinzione ed entrò nella casetta del custode, catturando e legando la guardia. Quindi mandò messaggeri a tutte le case vicine, per spiegare che non erano rapinatori, ma servitori che stavano vendicando la morte del loro padrone, e che nessun danno sarebbe stato arrecato ad altri: i vicini erano tutti al sicuro. Uno dei rōnin si arrampicò sul tetto e annunciò a voce alta ai vicini che la faccenda era un atto di vendetta. I vicini, che odiavano Kira, furono sollevati e non fecero nulla per ostacolare il piano.
Dopo aver appostato gli arcieri per impedire agli abitanti di chiedere aiuto, Ōishi suonò il tamburo per iniziare l'attacco. Dieci dei detentori di Kira hanno impedito l’attacco alla casa dal fronte, ma la parte di Chiishi Chikara è attaccò dal retro.
Kira, terrorizzato, si rifugiò in un armadio nella veranda, insieme a sua moglie e alle sue domestiche. Il resto dei suoi servitori, che dormivano nelle caserme all'esterno, tentò di entrare in casa per salvarlo. Dopo aver superato i difensori nella parte anteriore della casa, le due parti guidate da padre e figlio si unirono e combatterono i servitori che stavano entrando. Questi ultimi, capendo di stare per perdere, cercarono di chiedere aiuto, ma i loro messaggeri furono uccisi da gli arcieri già appostati per prevenire questa eventualità.
Alla fine, dopo una feroce lotta, l'ultimo dei servitori di Kira fu sconfitto; il ronin uccise 16 uomini di Kira e ne ferì 22, incluso suo nipote. Di Kira, tuttavia, nessun segno. Perquisirono la casa, ma sentirono donne e bambini piangere. Stavano cominciando a disperarsi, ma Ōishi controllando il letto di Kira, scoprì che era ancora caldo, quindi sapeva che non poteva essere lontano.
In un cortile nascosto nel retro, scoprirono un uomo che si stava nascondendo e fu facilmente disarmato.
Si rifiutò di dire chi fosse, ma i ronin si sapevano fosse Kira e fischiarono. I rōnin si radunarono e Ōishi, con una lanterna, vide che era davvero Kira e come prova finale, scoprì sulla sua testa a cicatrice dell'attacco di Asano.
A quel punto, Ōishi si inginocchiò, e in considerazione dell'elevato grado di Kira, si rivolse rispettosamente a lui, dicendogli che erano servitori di Asano, venuti per vendicarlo come dovrebbe fare il vero samurai, e invitandolo a morire come un vero samurai dovrebbe, uccidendosi. Ōishi disse che avrebbe agito personalmente come un kaishakunin ("secondo", colui che decapitava una persona che commetteva seppuku per risparmiargli l’essere indegno nella morte) e gli offrì lo stesso pugnale che Asano aveva usato per uccidersi.
Tuttavia, non importa quanto lo avessero supplicato, Kira si accovacciò, senza parole tremando. Alla fine, vedendo che era inutile continuare, Ōishi ordinò all'altro rōnin di inchiodarlo, e lo uccise tagliandogli la testa con il pugnale.
Spensero tutte le lampade e i fuochi in casa e se ne andarono con la testa di Kira.
Uno dei rōnin, Terasaka Kichiemon, ricevette l'ordine di recarsi ad Akō e riferire che la loro vendetta era stata completata. (Anche se il ruolo di Kichiemon come messaggero è la versione più accettata della storia, altre fonti lo vedono scappare prima o dopo la battaglia).
I rōnin, sulla via del ritorno a Sengaku-ji, si fermarono in strada per riposarsi e ristorarsi.
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All’alba, portarono rapidamente la testa di Kira dalla sua residenza alla tomba del loro signore nel tempio di Sengaku-ji, marciando per una decina di chilometri attraverso la città, causando un grande scalpore sulla strada. La storia della vendetta si diffuse rapidamente e tutti nel loro cammino li lodarono e offrirono loro ristoro.
Arrivati al tempio, i rimanenti 46 rōnin (tutti tranne Terasaka Kichiemon) lavarono la testa di Kira in un pozzo, e la posarono con il pugnale davanti alla tomba di Asano. Poi offrirono preghiere al tempio e diedero all'abate del tempio tutti i soldi che erano rimasti, chiedendogli di seppellirli decentemente e offrire preghiere per loro. Il gruppo fu diviso in quattro parti e messo sotto la guardia di quattro diversi daimyō.
Durante questo periodo, due amici di Kira vennero a prendere la sua testa per la sepoltura.
I funzionari dello shogunato di Edo erano in imbarazzo. I samurai aveva seguito i precetti vendicando la morte del loro signore; ma avevano anche sfidato l'autorità dello shogunato con la vendetta, che era proibita. Come previsto, i rōnin furono condannati a morte per l'omicidio di Kira; ma lo shogun alla fine ordinò loro di commettere onorevolmente seppuku invece di farli giustiziare come criminali. È noto che ciascuno degli assalitori ha concluso la sua vita in modo rituale. Ōishi Chikara, il più giovane, aveva solo 15 anni il giorno in cui l’attacco ebbe luogo, e solo 16 il giorno in cui aveva commesso seppuku.
Ciascuno dei 46 rōnin si uccise il 4 febbraio 1703. Il quarantasettesimo ronin, identificato come Terasaka Kichiemon, alla fine tornò dalla sua missione e fu perdonato dallo shogun (alcuni dicono a causa della sua giovinezza). Visse fino all'età di 87 anni, morendo intorno al 1747, e fu poi sepolto con i suoi compagni. Gli assalitori che morirono di seppuku furono successivamente sepolti sul terreno di Sengaku-ji, davanti alla tomba del loro padrone.
I vestiti e le armi che indossavano sono ancora conservati nel tempio fino ad oggi, insieme al tamburo e al fischio; la loro armatura era tutta fatta in casa, poiché non volevano destare sospetti acquistandone una.
Le tombe divennero un luogo di grande venerazione e la gente si raccolse lì in preghiera e sono state visitate da moltissime persone nel corso degli anni dall'era Genroku. Uno di questi era Satsuma che aveva deriso e sputato addosso a Ōishi mentre giaceva ubriaco per strada. Rivolgendosi alla tomba, pregò il perdono per le sue azioni e per aver pensato che Ōishi non era un vero samurai. Poi si suicidò e fu sepolto vicino al fiume.
Anche se la vendetta è spesso vista come un atto di lealtà, c'era stato un secondo obiettivo, ristabilire la signoria di Asano e trovare un posto dove i loro compagni samurai potessero servire. Centinaia di samurai che avevano servito Asano erano stati lasciati senza lavoro, e molti non erano in grado di trovare un impiego, dato che avevano prestato servizio sotto una famiglia disonorata. Molti vivevano come contadini o facevano semplici lavori artigianali per sbarcare il lunario. La vendetta dei quarantasette rònin cancellò i loro nomi e molti dei samurai disoccupati trovarono lavoro.
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I 47 Rōnin
Ōishi Kuranosuke Yoshio/Yoshitaka (大石 内蔵助 良雄)
Ōishi Chikara Yoshikane (大石 主税 良金)
Hara Sōemon Mototoki (原 惣右衛門 元辰)
Kataoka Gengoemon Takafusa (片岡 源五右衛門 高房)
Horibe Yahei Kanamaru/Akizane (堀部 弥兵衛 金丸)
Horibe Yasubei Taketsune (堀部 安兵衛 武庸)
Yoshida Chūzaemon Kanesuke (吉田 忠左衛門 兼亮)
Yoshida Sawaemon Kanesada (吉田 沢右衛門 兼貞)
Chikamatsu Kanroku Yukishige (近松 勘六 行重)
Mase Kyūdayū Masaaki (間瀬 久太夫 正明)
Mase Magokurō Masatoki (間瀬 孫九郎 正辰)
Akabane Genzō Shigekata (赤埴 源蔵 重賢)
Ushioda Matanojō Takanori (潮田 又之丞 高教)
Tominomori Sukeemon Masayori (富森 助右衛門 正因)
Fuwa Kazuemon Masatane (不破 数右衛門 正種)
Okano Kin'emon Kanehide (岡野 金右衛門 包秀)
Onodera Jūnai Hidekazu (小野寺 十内 秀和)
Onodera Kōemon Hidetomi (小野寺 幸右衛門 秀富)
Kimura Okaemon Sadayuki (木村 岡右衛門 貞行)
Okuda Magodayū Shigemori (奥田 孫太夫 重盛)
Okuda Sadaemon Yukitaka (奥田 貞右衛門 行高)
Hayami Tōzaemon Mitsutaka (早水 藤左衛門 満尭)
Yada Gorōemon Suketake (矢田 五郎右衛門 助武)
Ōishi Sezaemon Nobukiyo (大石 瀬左衛門 信清)
Isogai Jūrōzaemon Masahisa (礒貝 十郎左衛門 正久)
Hazama Kihei Mitsunobu (間 喜兵衛 光延)
Hazama Jūjirō Mitsuoki (間 十次郎 光興)
Hazama Shinrokurō Mitsukaze (間 新六郎 光風)
Nakamura Kansuke Masatoki (中村 勘助 正辰)
Senba Saburobei Mitsutada (千馬 三郎兵衛 光忠)
Sugaya Hannojō Masatoshi (菅谷 半之丞 政利)
Muramatsu Kihei Hidenao (村松 喜兵衛 秀直)
Muramatsu Sandayū Takanao (村松 三太夫 高直)
Kurahashi Densuke Takeyuki (倉橋 伝助 武幸)
Okajima Yasoemon Tsuneshige (岡島 八十右衛門 常樹)
Ōtaka Gengo Tadao/Tadatake (大高 源五 忠雄)
Yatō Emoshichi Norikane (矢頭 右衛門七 教兼)
Katsuta Shinzaemon Taketaka (勝田 新左衛門 武尭)
Takebayashi Tadashichi Takashige (武林 唯七 隆重)
Maebara Isuke Munefusa (前原 伊助 宗房)
Kaiga Yazaemon Tomonobu (貝賀 弥左衛門 友信)
Sugino Jūheiji Tsugifusa (杉野 十平次 次房)
Kanzaki Yogorō Noriyasu (神崎 与五郎 則休)
Mimura Jirōzaemon Kanetsune (三村 次郎左衛門 包常)
Yakokawa Kanbei Munetoshi (横川 勘平 宗利)
Kayano Wasuke Tsunenari (茅野 和助 常成)
Terasaka Kichiemon Nobuyuki (寺坂 吉右衛門 信行)
Japan History: Date Masamune
Date Masamune
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Date Masamune (伊達 政宗,5 Settembre 5, 1567 – 27 Giugno, 1636) governò durante il periodo Azuchi–Momoyama (ultima fase del periodo Sengoku) e per la prima parte del periodo Edo. Erede di una lunga stirpe di potenti daimyō nella regione di Tōhoku, fondò la città di Sendai. Eccezionale stratega, reso ancora più particolare ed iconico dalla mancanza di un occhio, per questo Masamune era spesso chiamato dokuganryū (独眼竜), o “Il Dragone da un Occhio Solo di Ōshu".
I primi anni
Date Masamune nacque con il nome di Bontemaru (梵天丸) nel castello di Yonezawa (oggi prefettura di Yamagata). Egli era il figlio maggiore di Date Terumune, signore dell’area Rikuzen di Mutsu, e Yoshihime, figlia di Mogami Yoshimori daimyo della provincia di Dewa. Ricevette il nome di Tojirou (藤次郎) Masamune nel 1578, e l’anno successivo sposò Megohime, figlia di Tamura Kiyoaki, signore del castello di Miharu, nella provincia di Mutsu. All’età di 14 anni, nel 1581, Masamune guidò la sua prima campagna, aiutando suo padre a combattere la famiglia Sōma. Nel 1584, a 17 anni, Masamune ereditò la carica del padre che scelse di ritirarsi dal suo ruolo di daimyō.
L’armata di Masamune era riconoscibile per via dell’armatura nera e l’elmetto dorato. Masamune stesso è conosciuto per alcune caratteristiche che lo hanno fatto risaltare rispetto agli altri daimyō del periodo. In particolare, il suo famoso elmetto con la luna crescente gli valse una spaventosa reputazione.
Da bambino, il vaiolo gli fece perdere la vista all’occhio destro, ma nonostante questo rimane un mistero come abbia perso completamente l’organo. Ci sono varie teorie a riguardo. Alcune fonti dicono che si sia cavato l'occhio da solo quando un membro anziano del clan gli disse che un nemico avrebbe potuto afferrarlo in caso di combattimento. Altri dicono che sia stato il suo fidato servitore Katakura Kojūrō a farlo per lui, cosa che, assieme al suo temperamento aggressivo lo rese il 'Dragone con un occhio solo di Ōshu’.
La campagna militare
Il clan Date aveva costruito alleanze con i clan vicini grazie ai matrimoni delle precedenti generazioni, ma le dispute locali era comuni. Poco dopo la successione di Masamune nel 1584, un servitore dei Date di nome Ōuchi Sadatsuna fuggì presso il clan Ashina, della regione di Aizu. Masamune dichiarò quindi guerra a Ōuchi e al clan Ashina per questo tradimenimento, cominciando una campagna per dare la caccia a Sadatsuna. Diversi clan anche alleati caddero. Prevedendo la sua sconfitta, nell’inverno del 1585 Hatakeyama Yoshitsugu si arrese a Date. Masamune avrebbe accettato la resa a patto che Hatakeyama gli consegnasse gran parte dei suoi territori. Questo risultò nel rapimento da parte di Yoshitsugu del padre di Masamune, Terumune, durante il loro incontro al castello di Miyamori dove Terumune risiedeva in quel momento. L’incidente finì con la morte di Terumune mentre gli uomini di Hatakeyama in fuga si scontrarono con le truppe di Date vicino al fiume Abukuma.
Seguì una guerra generale tra i Date e gli Hatakeyama sostenuti da Satake, Ashina, Soma ed altri clan locali. Gli alleati marciarono fino a meno di mezzo miglio dal castello Motomiya che era di Masamune, riunendo circa 30.000 soldati per l'attacco. Masamune, avendo solo 7.000 guerrieri, preparò una strategia difensiva facendo affidamento sulla serie di forti che proteggevano le vie di accesso a Motomiya. I combattimenti iniziarono il 17 novembre e non cominciarono bene per Date. Tre dei suoi preziosi forti furono presi e uno dei suoi principali servitori, Moniwa Yoshinao, fu ucciso in un duello con un comandante avversario. I nemici si dirigevano ora verso il fiume Seto, che rappresentava l'ultimo ostacolo tra loro e Motomiya. I Date cercarono di fermarli al ponte Hitadori, ma furono respinti. Masamune portò le sue restanti forze all'interno delle mura di Motomiya e si preparò per quella che sarebbe stata sicuramente una valorosa ma futile ultima resistenza. Ma la mattina dopo, il principale contingente nemico marciò in ritirata. Questi erano gli uomini di Satake Yoshishige. Il loro signore aveva ricevuto la notizia che in sua assenza i Satomi avevano attaccato le sue terre a Hitachi. Apparentemente, questo lasciò gli alleati con meno uomini di quanti credessero possibile per far cadere Motomiya, perché anch'essi si ritirarono entro la fine della giornata.
Probabilmente questa sfiorata sconfitta totale trasformò Masamune nel noto generale che un giorno sarebbe divenuto famoso. Arrivò anche la pace tra Hatakeyama e Soma, anche se questa si dimostrò di breve durata.
Nel 1589, i Date sconfissero i Soma e corruppero un importante servitore degli Ashina, Inawashiro Morikuni, per passare dalla loro parte. Quindi riunirono una potente forza e marciarono dritti verso il quartier generale degli Ashina a Kurokawa. Le forze di Date e Ashina si incontrarono a Suriagehara il 5 giugno. L’esercito di Masamune prese il sopravvento avventandosi contro i vacillanti ranghi degli Ashina, distruggendoli. Infatti, sfortunatamente per gli Ashina, gli uomini di Date avevano distrutto la loro via di fuga, un ponte sul fiume Nitsubashi, e quelli che non annegarono tentando di nuotare verso la salvezza, furono uccisi senza pietà. Alla fine del conflitto, Masamune poteva contare qualcosa come 2.300 teste nemiche, in una delle più sanguinose e decisive battaglie del periodo Sengoku. I ricchi domini appena conquistati ad Aizu divennero la sua base operativa
Questa però sarebbe anche stata l'ultima avventura espansionistica di Date Masamune.
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Statua di Date Masamune nella città di Sendai sulle rovine del Castello di Sendai,
Il servizio sotto il comando di Toyotomi Hideyoshi e Tokugawa Ieyasu
Nel 1590, Toyotomi Hideyoshi si impadronì del Castello di Odawara e costrinse i daimyō della regione di Tōhoku a partecipare alla campagna. Nonostante all’inizio Masamune rifiutò l’ordine di Hideyoshi, si accorse presto di non aver altra scelta visto che quest’ultimo era di fatto il dominatore del Giappone. Il ritardo fece però infuriare Hideyoshi. Aspettandosi l’esecuzione, Masamune indossò i suoi migliori abiti mostrando sicurezza nell’affrontare la rabbia del suo signore. Ma Hideyoshi gli risparmiò la vita dicendo “Potrebbe servirmi”.
Ad assedio concluso, Masamune fu costretto a rinunciare ai territori di Aizu e gli furono consegnati Iwatesawa e le terre intorno. Terre che gli avrebbero però fruttato proventi minori. Masamune vi si trasferì nel 1591, ricostruendo il castello rinominato poi Iwadeyama, e incoraggiando la crescita della città sottostante. Masamune rimase all’Iwadeyama per 13 anni e trasformò la regione in un fiorente centro politico ed economico.
Lui e i suoi uomini si distinsero nell’invasione Coreana al servizio di Hideyoshi e, dopo la sua morte, Date cominciò a supportare Tokugawa Ieyasu, sembra sotto consiglio di Katakura Kojūrō. Per questo, Masamune fu premiato con il comando della regione di Sendai, cosa che lo rese uno dei più potenti daimyō del Giappone. Tokugawa aveva promesso a Masamune un dominio che avrebbe fruttato un milione di koku ma, anche dopo i vari miglioramenti, le terre produssero solo 640,000 koku. E molti di questi proventi erano usati per sostenere la regione di Edo. Nel 1604, Masamune, accompagnato da 52,000 vassalli con le loro famiglie, si spostò nel piccolo villaggio di pescatori di Sendai, e lasciò il suo quarto figlio, Date Muneyasu, al comando di Iwadeyama. Masamune avrebbe trasformato Sendai in una grande e prosperosa città.
Nonostante Masamune fosse patrono delle arti e simpatizzasse per le cause straniere, era anche un aggressivo ed ambizioso daimyō. Quando prese per la prima volta il potere nel clan Date, soffrì numerose sconfitte da clan molto influenti come gli Ashina. Queste sconfitte furono causate maggiormente dal suo essere avventato.
Essendo molto potente nel nord del Giappone, Masamune era visto con sospetto. Toyotomi Hideyoshi aveva ridotto le dimensioni delle sue proprietà terriere dopo il suo ritardo nel partecipare all'assedio di Odawara contro Hōjō Ujimasa. In seguito, Tokugawa Ieyasu aumentò nuovamente la dimensione delle sue terre, rimanendo comunque sospettoso riguardo Masamune e la sua politica.
Nonostante i sospetti di Tokugawa Ieyasu ed altri alleati Date, Date Masamune per la maggiorate del tempo servì fedelmente sia Toyotomi che Tokugawa . Prese parte nella campagna di Hideyoshi in Corea, e poi nella campagna di Osaka. Quando Tokugawa Ieyasu fu sul letto di morte, Masamune gli fece visita leggendogli un poema Zen.
Masamune era sicuramente molto rispettato per la sua etica, e un aforisma quotato ancora oggi è "La rettitudine portata all'eccesso si trasforma in rigidità; la benevolenza oltre la misura si riduce a debolezza"
Patrono della Cultura e del Cristianesimo
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Una lettera scritta da Masamune al Papa Paolo V
Masamune espanse il commercio nella remota regione del Tōhoku. Sebbene inizialmente fu attaccato da clan ostili, riuscì a batterli pur dopo alcune sconfitte. Alla fine riuscì a governare su uno dei più grandi feudi del successivo shogunato Tokugawa. Costruì molti palazzi e lavorò su molti progetti per abbellire la regione. Per 270 anni, il Tōhoku è rimasto un luogo di turismo, commercio e prosperità. Matsushima ad esempio, una serie di minuscole isole, è stata elogiata per la sua bellezza e serenità dal poeta vagabondo scrittore di haiku Matsuo Bashō.
Oltre ad essere noto per aver incoraggiato gli stranieri a recarsi nella sua terra, Masamune mostrò simpatia per i missionari cristiani e i commercianti in Giappone. Oltre a permettere loro di venire a predicare nella sua provincia, liberò anche Padre Sotelo, missionario prigioniero di Tokugawa Ieyasu. Date Masamune permise a Sotelo e ad altri missionari di praticare la loro religione e di ottenere seguaci nel Tōhoku. Inoltre, finanziò e promosse una missione per stabilire relazioni con il Papa a Roma, anche se probabilmente fu motivato almeno in parte da un interesse per la tecnologia straniera. In questo fu molto simile ad altri signori, come Oda Nobunaga. Per la spedizione ordinò la costruzione della nave esplorativa Date Maru o San Juan Bautista, usando tecniche di costruzione navale europee. Sulla nave mandò uno dei suoi servitori, Hasekura Tsunenaga, Sotelo, e un'ambasceria di 180 persone, in un fruttuoso viaggio che comprese luoghi come Filippine, Messico, Spagna e appunto Roma. Prima di allora, i signori giapponesi non avevano mai finanziato imprese del genere, quindi fu probabilmente il primo viaggio di questo tipo. Almeno cinque membri della spedizione rimasero a Coria, in Spagna, per evitare la persecuzione dei cristiani in Giappone. 600 dei loro discendenti, con il cognome Japón, ora vivono in Spagna.
Quando il governo Tokugawa bandì il Cristianesimo, Masamune dovette obbedire alla legge invertendo la sua posizione e, sebbene non gli piacesse, lasciò che Ieyasu perseguitasse i cristiani nei suoi domini. Tuttavia, alcune fonti suggeriscono che la figlia maggiore di Masamune, Irohahime, fosse cristiana.
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Replica del galeone Date Maru, o San Juan Bautista, a Ishinomaki, Giappone
Masamune ebbe 16 figli, due dei quali illegittimi, con sua moglie e sette concubine. Morì nel 1636 all’età di 69 anni. Nell’Ottobre del 1974, la sua tomba fu aperta. Dentro, insieme ai suoi resti, gli archeologi trovarono la sua spada tachi, una cassetta delle lettere con il simbolo di paulownia, e la sua armatura. Dallo studio dei suoi resti, i ricercatori hanno capito che la sua altezza era di 159.4cm, e che B era il suo gruppo sanguigno.
Essendo un leggendario guerriero e leader, Masamune è stato un personaggio di vari drama Giapponesi. E’ stato anche interpretato dal famoso Ken Watanabe nella popolare serie NHK del 1987 Dokuganryū Masamune.
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La tomba di Masamune al mausoleo di Zuihōden
Japan History: Ishikawa Goemon
Ishikawa Goemon
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Ishikawa Goemon (石川 五右衛門, 1558 – 8 Ottobre, 1594) è stato un fuorilegge Giapponese semi leggendario che rubava oggetti di valore ai ricchi per darli ai poveri. Proprio per questa sua caratteristica viene a volte definito il Robin Hood del Giappone. Esistono molte storie che lo vedono protagonista e che lo descrivono come un eroe popolare che si batte contro i potenti per i più deboli. L’autenticità di queste storie tuttavia non è sempre certa.
La sua prima apparizione negli annali storici si ritrova nella biografia di Toyotomi Hideyoshi del 1642 che lo descriveva semplicemente come un ladro.
Ci sono varie versioni della vita di Ishikawa Goemon. Secondo una di queste, egli nacque come Sanada Kuranoshin nel 1558 da una famiglia di samurai al servizio del clan Miyoshi della provincia di Iga. Nel 1573, quando suo padre, presumibilmente Ishikawa Akashi, fu assassinato dagli uomini dello shogunato Ashikaga, il quindicenne Sanada giurò vendetta. Cominciò quindi ad allenarsi nelle arti del ninjutsu a Iga sotto Momochi Sandayu. Allievo abilissimo ma di temperamento irruento, fu costretto a scappare quando il suo maestro scoprì la relazione di Sanada con una delle sue amanti.
Altre fonti gli danno il nome di Gorokizu, la cui provenienza viene individuata nella Provincia di Kawachi e non era un nunekin (ninja fuggitivo). Si era poi spostato nella regione del Kansai dove formò e guidò una banda di ladri e banditi come Ishikawa Goemon. Con questa banda rubava ai ricchi signori feudali, mercanti e clericali, condividendo poi il bottino con i poveri.
Secondo un’altra versione, che gli ha anche attribuito un attentato a Oda Nobunaga, sembra sia stato obbligato a diventare un ladro quando la rete organizzativa dei ninja fu distrutta.
Ciò che è certo è che Ishikawa Gomen divenne presto un personaggio popolare e apprezzato dal popolo, e non mancano gli aneddoti sulle sue avventure. Si dice che una volta, entrato in una stanza per compiere un furto, venne distratto dal sorriso di un bambino. Ishikawa cominciò a giocare con lui perdendo così il momento per mettere a segno il colpo. Un’altra storia riguarda il suo tentativo di assassinare il grande generale Oda Nobunaga. Una volta entrato nell’edificio di Oda, si nascose nell’attico proprio sopra la camera da letto del generale. Quando questi si fu coricato, Ishikawa praticò un buco sul soffitto proprio in corrispondenza della testa di Oda. Dal buco calò un tubicino tenendolo sospeso sopra la bocca del daimyo, tramite il quale fece passare un potente veleno. Ma il sonno di Oda Nobunaga era leggero e, svegliatosi, riuscì a sventare in tempo l’attentato.
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Versioni molto conflittuali riguardano anche la sua pubblica esecuzione nell’olio bollente davanti al cancello del tempio Buddhista Nanzen-ji a Kyoto.
Secondo una prima versione, alcuni compagni di scorribande di Goemon furono catturati e costretti a confessare il nome del loro capo.
Una seconda versione afferma invece che Goemon provò ad assassinare Toyotomi Hideyoshi. Alcuni dicono che lo fece per vendicare la morte di sua moglie Otaki e la cattura di suo figlio Gobei, altri perchè lo shogun era ritenuto un despota. Entrato nella camera di Hideyoshi, nel castello di Fushimi, fu però scoperto dalle guardie perché urtò un tavolo facendo cadere una campanella. A volte si parla invece di un bruciatore di incenso magico capace di emettere un suono di richiamo. Fu quindi catturato e condannato a morire, gettato vivo nell’olio bollente in un calderone di ferro, insieme al suo figlio più giovane.
Ma se Goemon incontrò così la sua fine, le storie divergono sul destino del figlioletto. In alcune, Goemon riuscì a salvarlo tenendolo in alto sopra la testa, e il figlio fu poi perdonato. In altre invece, si dice che il padre all’inizio provò a salvare il figlio tenendolo sopra la testa ma, resosi conto della futilità del suo gesto, lo spinse sul fondo del calderone per ucciderlo il prima possibile. Rimase poi con il corpo del bambino sollevato in alto in segno di scherno verso i suoi nemici, fino alla morte per il dolore e le ferite.
Anche la data della sua morte è incerta, alcuni dicono che avvenne in estate, mentre altri la datano l’8 Ottobre, quindi in autunno. Prima di morire, Goemon lasciò un poema d’addio nel quale diceva che qualunque cosa fosse successa, al mondo ci sarebbero sempre stati dei ladri.
Una pietra tombale dedicata a lui può essere visitata ancora oggi nel Tempio Daiunin a Kyoto, mentre le tradizionali vasche verticali giapponesi, solitamente di ferro o legno, prendono ancora oggi il nome di goemonburo (Vasca di Goemon)
Teatro Kabuki e Cultura Popolare
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Ishikawa Goemon è il soggetto di molte rappresentazioni teatrali kabuki. Quella che ancora oggi viene messa in scena è Kinmon Gosan no Kiri (Il Portale d’Oro e lo Stemma di Paulonia). Consiste in cinque atti scritti da Namiki Gohei nel 1778, di cui il più famoso è quello intitolato Sanmon Gosan no Kiri (Il Portale Sanmon e lo Stemma di Paulonia). In questo atto Goemon è visto seduto in cima al portale Sanmon del tempio Nanzen-ji. Sta fumando una pipa d’argento molto grande chiamata kiseru ed esclama “La vista primaverile merita un migliaio di pezzi d’oro, o così dicono, ma è troppo poco, troppo poco. Agli occhi di Goemon ne vale diecimila!” Goemon presto capisce che suo padre, un cinese chiamato So Sokei, era stato ucciso da Mashiba Hisayoshi e comincia a preparare la sua vendetta.
Il suo personaggio appare anche nel famoso racconto Quarantasette Ronin, messo in scena per la prima volta nel 1778. Nel 1992 invece, Goemon appare nella serie kabuki di alcuni francobolli postali Giapponesi.
Nella cultura popolare moderna ci sono in generale due modi in cui Goemon viene rappresentato: un giovane, scaltro ninja, o un potente bandito Giapponese.
Goemon è il personaggio principale della serie di video games Konami Ganbare Goemon dalla quale è stata tratta una serie televisiva. È anche il personaggio principale dei romanzi Shinobi no Mono e della serie di film ad essi ispirati, interpretati da Ichikawa Raizō VIII nel ruolo di Goemon. Nel terzo film, Shin Shinobi no Mono, conosciuto in inglese come Goemon Will Never Die, il protagonista sfugge all’esecuzione mentre un altro uomo viene buttato al suo posto nell’olio bollente. Goemon è anche il protagonista di alcuni film Giapponesi girati prima della seconda guerra mondiale come Ishikawa Goemon Ichidaiki e Ishikawa Goemon no Hoji.
Più recentemente invece, nel film Goemon del 2009 è interpretato da Yōsuke Eguchi e viene descritto come il più fedele seguace di Nobunaga assieme a Hattori Hanzō.
Il personaggio di Goemon appare anche in numerosi altri videogame come nella serie Samurai Warriors, Warriors Orochi, Blood Warrior, Kessen III, Ninja Master's: Haō Ninpō Chō, Shall We Date?: Ninja Love, Shogun Warriors, e Throne of Darkness. È anche una Persona iniziale in Persona 5 di Yusuke Kitagawa, e fa la sua comparsa anche nel drama taiga Hideyoshi, nel film Roppa no Ôkubo Hikozaemon, e nei manga Kaze ga Gotoku e Bobobo-bo Bo-bobo.
Ma forse il personaggio più conosciuto di tutti è quello di Ishikawa Goemon XIII in Lupin III (Rupan Sansei), diretto discendente del leggendario ladro e ideato dal mangaka Monkey Punch.
Japan History: Hattori Hanzō
Hattori Hanzō
Hattori Hanzō (服部 半蔵, ~1542 – 4 Novembre, 1596), conosciuto anche come Hattori Masanari o Hattori Masashige (服部 正成), è stato un samurai dell'era Sengoku. È famoso per aver salvato la vita di Tokugawa Ieyasu e per averlo aiutato a diventare il dominatore del Giappone.
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Era il figlio di Hattori Hanzō Yasunaga (服部 半蔵(半三) 保長), samurai minore al servizio del clan Matsudaira (successivamente Tokugawa). In seguito, per via delle tattiche utilizzate per le sue operazioni, gli venne dato il soprannome di Oni no Hanzō (鬼の半蔵, Demone Hanzō). Ciò per distinguerlo da Watanabe Hanzo (Watanabe Moritsuna), il cui soprannome era Yari no Hanzō (槍の半蔵 Lancia Hanzō).
Si narra che Hanzō iniziò il suo addestramento sul monte Kurama a nord di Kyōto all'età di 8 anni, divenne un guerriero esperto a 12 anni e fu riconosciuto come maestro samurai a 18.
Combattè la sua prima battaglia a 16 anni (un attacco notturno al Castello di Udo). Successivamente, riuscì a portare a termine con successo il salvataggio delle figlie di Tokugawa al Castello di Kaminogō, nel 1562, prendendo poi d'assedio il Castello di Kakegawa nel 1569.
Si distinse inoltre nelle battaglie di Anegawa (1570) e Mikatagahara (1572).
Secondo il Kansei Chōshū Shokafu, una genealogia di grandi samurai completata nel 1812 dallo shogunato Tokugawa, Hattori Hanzō rese meritevole servizio a Mikatagahara, diventando poi comandante dell'Unità di Iga costituita da 150 uomini. Catturò infatti una spia di Takeda Shingen chiamata Chikuan e, quando le truppe di Takeda invasero Totomi, Hanzō contrattaccò con soli 30 uomini presso il fiume Tenryū.
Durante la guerra Tenshō Iga, nel 1579, difese il paese natale dei ninja nella provincia di Iga dalle mire di Oda Nobukatsu, secondo figlio di Oda Nobunaga. E di nuovo combattè valorosamente nel 1581, questa volta però senza successo, per prevenire che la provincia di Iga venisse eliminata dalle forze sotto il comando personale dello stesso Nobunaga.
Il suo più grande contributo arrivò però nel 1582, dopo la morte di Oda Nobunaga. Guidò infatti il futuro shogun Tokugawa Ieyasu verso la salvezza, nella Provincia di Mikawa, attraversando il territorio di Iga con l'aiuto dei rimanenti ninja locali. Hanzō sembra abbia anche aiutato a salvare la famiglia di Ieyasu che era stata catturata.
Prestò servizio durante l'assedio di Odawara e fu premiato con 8,000 koku. E nel momento in cui Ieyasu entrò Kantō, ricevette altri 8,000 koku, 30 yoriki e 200 pubblici ufficiali a suo servizio. Si diceva inoltre che Ieyasu avesse cominciato a assumere al suo servizio più ninja di Iga con Hanzō come leader.
Hanzō era famoso per essere un esperto stratega e maestro nella lotta con la lancia. Fonti storiche dicono che trascorse gran parte dei suoi ultimi anni come monaco sotto il nome di "Sainen", e che avesse costruito il tempio Sainenji. Tempio eretto per commemorare il figlio maggiore di Tokugawa Ieyasu, Nobuyasu. Nobuyasu infatti era stato accusato di tradimento e di cospirazione da Oda Nobunaga e gli era stato ordinato di fare seppuku da suo padre Ieyasu. Hanzo fu chiamato come suo secondo ufficiale per mettere fine alle sofferenze di Nobuyasu. Ruolo che rifiutò non volendo sollevare la spada sulla discendenza del suo stesso signore. Sembra che Ieyasu, dopo aver saputo delle traversie affrontate da Hanzo, avesse apprezzato la sua lealtà e disse: "Anche un demone può versare lacrime".
Alcuni racconti gli attribuiscono abilità sovrannaturali come il teletrasporto, la psicocinesi, e la precognizione. Tutto ciò ha contribuito a renderlo sempre più importante nella cultura popolare. Morì all'età di 55 anni.
Dopo la sua morte, il 4 Novembre 1596, a succedergli fu suo figlio, il cui nome era sempre Masanari scritto però con kanji differenti. Ricevette il titolo di Iwami no Kami ed i suoi uomini di Iga furono posti a guardia del Castello di Edo, il quartier generale del governo del riunito Giappone. Ad oggi, è ancora possibile vedere una parte dell'eredità lasciata da Hanzō. Il Palazzo Imperiale di Tokyo ha ancora un cancello chiamato Hanzō's Gate (Hanzōmon), con una omonima linea metropolitana Hanzōmon.
Hattori Hanzō nella cultura di massa
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Come figura storica e protagonista di uno dei più grandi periodi della cultura dei samurai in Giappone, Hattori Hanzō ha molti ammiratori, sia Giapponesi che non. Nella cultura moderna è spesso associato ai ninja di Iga.
Molti film, speciali e serie tv sulla vita di Tokugawa Ieyasu descrivono gli avvenimenti menzionati sopra. L'attore Sonny Chiba ha interpretato il suo ruolo nella serie Hattori Hanzô: Kage no Gundan (Guerrieri dell'ombra), in cui lui e i suoi discendenti sono i personaggi principali.
La sua vita ed il servizio reso a Tokugawa Ieyasu sono stati ripresi nella manga Path of the Assassin, mentre il giovane Hanzō è il personaggio principale del manga Tenka Musō.
Il romanzo The Kouga Ninja Scrolls ed i suoi adattamenti ritraggono i 4 Hattori Hanzo che hanno servito come capi ninja sotto il comando di Tokugawa Ieyasu.
Hanzō appare anche nel romanzo Fukurō no Shiro (Owl's Castle), nonché in tutta una serie di manga. Nel manga ed anime Gintama ad esempio è presente un personaggio parodia chiamato Hattori Zenzo, mentre nel manga Naruto il personaggio chiamato Hanzō è il leader del villaggio segreto di ninja Amegakure. In Samurai Deeper Kyo, un inusuale colpo di scena rivela che Hattori Hanzō è in realtà Tokugawa Ieyasu travestito. Compare anche in Tail of the Moon, e nel live-action Goemon, oltre che nell'episodio "Spartan vs. Ninja" del programma televisivo Deadliest Warrior.
Hattori Hanzō appare come un personaggio ricorrente nella serie di video game Samurai Shodown della SNK, apparendo in ogni gioco della serie, nonché nell'adattamento anime. Fa alcune comparse anche nella serie The King of Fighters. In World Heroes, un altro videogame della SNK, Hanzō è uno dei personaggi principali insieme al suo rivale Fūma Kotarō. Nel video game Samurai Warriors è invece ritratto come un ninja altamente qualificato, molto leale a Tokugawa Ieyasu. Appare anche in diversi altri video game come Taikou Risshiden V, Kessen III, Civilization IV: Beyond the Sword, Shall We Date?: Ninja Love, Pokémon Conquest, Sengoku Basara: Samurai Heroes, e la serie Suikoden. Nell’edizione limitata di Total War: Shogun 2 è il capo del Clan Hattori, una delle fazioni che lottano per la supremazia in Giappone, e ha una unità DLC chiamata"Hanzo's Shadows".
Alcuni lavori, come il gioco di carte collezionabili Force of Will, la serie Hyakka Ryōran, l'anime Sengoku Otome: Momoiro Paradox, ed il video game Yatagarasu, lo reimmaginano come ninja donna.
Nel film Kill Bill, Hattori Hanzō è il nome di un abilissimo maestro forgiatore di letali spade che ha creato una katana speciale per la protagonista, nonostante avesse giurato a sè stesso che non avrebbe più realizzato strumenti di morte.
Japan History: I Samurai
I Samurai
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Il nome Samurai deriva dal verbo saburau che vuol dire "servire" o "tenersi a lato", letteralmente "colui che serve". In giapponese, durante il periodo Heian (794-1185), si pronunciava saburapi e più tardi saburai.
Altro nome con cui era conosciuto il samurai è bushi (武士). Questo termine appare per la prima volta nel Shoku Nihongi (続日本紀, 797 d.C.), un antico documento giapponese racchiuso in quaranta volumi. Esso raccoglie le più importanti decisioni di stato prese dalla corte imperiale tra il 697 d.C. e il 791 d.C. . In una parte del libro si dice: "I samurai sono coloro che formano i valori della nazione".
Secondo il libro Gli ideali del samurai di William Scott Wilson, le parole bushi e samurai sono diventate sinonimi alla fine del XII secolo. Wilson esplora a fondo le origini della parola "guerriero" nella cultura giapponese senza tralasciare i caratteri kanji con cui viene scritto. Egli afferma che bushi in realtà si traduce con "l'uomo che ha la capacità di mantenere la pace, con la forza militare o letteraria".
Saburai è stato sostituito da samurai agli inizi dell'era moderna, alla fine del periodo Azuchi-Momoyama (1573–1603) e agli inizi del periodo Edo del tardo XVI e XVII secolo.
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I Samurai servivano i daimyō, feudatari locali che rispondevano allo shogun. Quando questo moriva o ne perdeva la fiducia, il samurai diventava Rōnin, ovvero "uomo onda", inteso come "libero da vincoli".
Il bushidō, il codice d'onore dei samurai, prevedeva che per espiare la propria colpa e riacquistare l'onore perduto si dovesse ricorrere alla pratica dello harakiri, che significa "tagliare il ventre" . L’harakiri rappresenta la parte culminante della pratica del suicidio rituale denominato seppuku, attraverso lo sventramento del ventre con la spada corta wakizashi. Il venir meno a questi principi causava il disonore del guerriero che diventava un rōnin appunto, ossia un samurai errante, alla deriva, senza onore né dignità.
Il significato della parola ronin assumeva dunque un carattere dispregiativo, soprattutto nell'era Tokugawa (1603- 1868), l'epoca di massimo isolamento e splendore del Giappone. In questo periodo i ronin giravano per le campagne intimidendo i contadini e saccheggiando villaggi, in cerca di un nuovo signore a cui prestare servizio.
Un rōnin poteva essere disposto a lavorare per chiunque lo pagasse, oppure poteva arrivare a unirsi ad altri come lui e creare scompiglio. Questi guerrieri erano disprezzati dai samurai veri e propri, tant'è che nessuno era chiamato a rispondere della loro uccisione. Ma i ronin avevano anche un altro ruolo. Capitava infatti che si unissero a mercanti, contadini e artigiani per difendere i villaggi dai saccheggi dei briganti, insegnando tecniche di guerra e le arti marziali. Costituivano una sorta di guardia del corpo (yojimbo) auto organizzata.
Si pensa che questa specie di polizia privata possa essere all'origine della yakuza, la moderna mafia giapponese. I suoi affiliati hanno infatti in comune con i samurai un forte senso di appartenenza ai clan e una lealtà assoluta verso il proprio "boss".
Questi sono alcuni termini usati come sinonimo di samurai.
•Buke 武家 - un appartenente a una famiglia militare, un suo membro;
•Mononofu もののふ - termine arcaico per "guerriero";
•Musha 武者 - abbreviazione di bugeisha 武芸者, letteralmente "uomo delle arti marziali";
•Shi 士 - pronuncia sinogiapponese del carattere che comunemente si legge samurai
•Tsuwamono 兵 - termine arcaico per "soldato", reso celebre da un famoso haiku di Matsuo Basho; indica una persona valorosa;
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L'addestramento cominciava dai 3 anni, e fino ai 7 consisteva nell’imparare a non temere la morte ed il combattimento, e ad obbedire al proprio signore, controllando la mente ed il corpo. Per temprare il corpo, venivano sottoposti a docce gelate sotto le cascate o nella neve, così che potessero imparare a resistere agli stimoli esterni. Si passava poi all'insegnamento dell'uso dell'arco e della spada contro nemici immaginari.
A 12 anni erano già in grado di uccidere.
Il legame con gli addestratori poteva diventare molto speciale. In epoca feudale le pratiche sessuali tra uomini erano all'ordine del giorno per i guerrieri samurai. Secondo la tradizione dello shudo - da wakashudo (la "Via degli adolescenti") - i giovani trascorrevano diversi anni a contatto con uomini più grandi. Uomini che oltre ad iniziarli alle tecniche di combattimento li introducevano al mondo del sesso. Gli apprendisti samurai ne divenivano allora gli amanti ufficiali, in un rapporto che era riconosciuto ed esigeva, naturalmente, fedeltà assoluta.
I samurai lavoravano per la gloria del daimyō, ma il loro stipendio si limitava a una paga in riso. Per mantenere il proprio status sociale, i samurai che non erano già ricchi di famiglia si arrangiavano come potevano con lavoretti secondari, come la fabbricazione di ombrellini o stuzzicadenti. Li facevano vendere ad altri, però, per non compromettersi troppo. Avevano però anche diversi privilegi: avere un cognome, che la gente comune in Giappone non aveva, e quello del kirisute gomen, ossia l' "autorizzazione a tagliare e abbandonare". Il samurai poteva cioè uccidere chiunque gli avesse mancato di rispetto, se di rango inferiore. L'unico scrupolo era riuscire a dimostrare successivamente, in sede legale, il torto subito.
Per quanto riguarda la vita sentimentale, la moglie dei samurai veniva scelta a tavolino. Essa doveva appartenere a una stirpe guerriera, oppure essere "adottata" da una famiglia di samurai che ne nobilitasse le origini prima del matrimonio. Alle spose dei samurai toccava però un "privilegio" (si fa per dire): col matrimonio guadagnavano il diritto di praticare anch'esse il suicidio rituale, il jigai, con un taglio alla gola.
Nel Giappone medievale si potevano incontrare anche donne samurai addestrate nei valori e nell'arte marziali della casta fin da giovanissima età. I Samurai di questa casta praticavano arti marziali, lo zen, il cha no yu (arte del té) e lo shodō (arte della scrittura). Nell'era Tokugawa persero la loro funziona militare diventando molti di loro semplici rōnin. Alla fine del periodo Edo i samurai erano diventati burocrati al servizio dello shōgun o del daimyō, e la loro spada veniva usata solo per scopi cerimoniali per sottolineare la loro appartenenza alla casta.
Con il rinnovamento Meiji e l’apertura del Giappone al mondo occidentale nel XIX secolo, la classe dei samurai fu abolita poichè ritenuta anacronistica e fuori dal tempo. Al suo posto fu favorito un esercito in stile occidentale. Due leggi, sotto l'Imperatore Meiji (1852-1912), segnarono la fine dei samurai. Una, l'editto Dampatsurei, obbligò i servi guerrieri a rinunciare al codino e a portare i capelli all'occidentale. L'altra, meno di "facciata" e ancora più determinante, fu l'editto Haitorei, che li privò del diritto di portare armi in pubblico. Ai samurai senza katana non rimase che una piccola pensione statale, e il rifugio nel folclore.
Ma il bushidō continua tutt'oggi a sopravvivere nella società Giapponese odierna.
Le Armi
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I samurai usavano una grande varietà di armi, anzi un'evidente differenza tra la cavalleria europea e i samurai riguarda proprio l'impiego delle armi. I samurai non ritennero mai che esistessero armi disonorevoli, ma solo armi efficienti e inefficienti. L'uso delle armi da fuoco costituì una parziale eccezione, in quanto fu fortemente scoraggiato durante il XVII secolo dagli shogun Tokugawa. Si arrivò a proibirle quasi completamente e ad allontanarle del tutto dalla pratica della maggior parte dei samurai.
Nel periodo Tokugawa si diffuse l'idea che la katana contenesse l'anima del Samurai, e a volte sono stati descritti (erroneamente) come totalmente dipendenti dalla spada per combattere.
Raggiunti i tredici anni, in una cerimonia chiamata genpuku, ai ragazzi della classe militare veniva dato un wakizashi (lo spadino utilizzato anche per suicidarsi) e un nome da adulto. Diventavano così vassalli, cioè samurai a tutti gli effetti. Questo dava loro il diritto di portare una katana, sebbene venisse spesso assicurata e chiusa con dei lacci per evitare sfoderamenti immotivati o accidentali. Insieme, katana e wakizashi, vengono chiamati daishō (letteralmente: "grande e piccolo"). Il loro possesso era la prerogativa del buke, la classe militare al vertice della piramide sociale. Portare le due spade venne vietato nel 1523 dallo shogun ai cittadini comuni che non erano figli di un samurai, per evitare rivolte armate, perché prima della riforma tutti potevano diventare samurai.
Ma oltre alla spada, un’altra importantissima arma dei samurai, era lo shigetou, l'arco asimmetrico giapponese, e ciò non fu modificato per secoli, fino all'introduzione della polvere da sparo e del moschetto nel XVI secolo. Lo shigetou, lungo 2 metri e fatto di legno laminato e laccato,era arma di esclusiva pertinenza dei samurai. Fino alla fine del XIII secolo la via della spada (kendo) fu meno considerata della via dell'arco da molti esperti di bushidō. Un arco giapponese era un'arma molto potente: le sue dimensioni permettevano di lanciare con precisione vari tipi di proiettili (come frecce infuocate o frecce di segnalazione) alla distanza di cento metri. Arrivavano addirittura fino a duecento metri quando non era necessaria la precisione.
Durante l'era di più grande potere dei samurai il termine yumitori (arciere) veniva utilizzato come titolo onorario per un guerriero, anche quando l'arte della spada divenne la più importante. Gli arcieri giapponesi (vedi arte del kyūjutsu) sono ancora fortemente associati con il dio della guerra Hachiman.
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L’arco veniva usato solitamente a piedi, dietro un tedate, un largo scudo di legno, ma poteva essere usato anche a cavallo. La pratica di tirare con l'arco da cavallo divenne una cerimonia shinto detta yabusame. Nelle battaglie contro gli invasori mongoli, questi archi furono l'arma decisiva, contrapposti agli archi più piccoli e alle balestre usate dai cinesi e dai mongoli.
Nel XV secolo anche la lancia (yari) divenne un'arma popolare. Lo yari tese a rimpiazzare la naginata allorquando l'eroismo individuale divenne meno importante sui campi di battaglia e le milizie furono maggiormente organizzate. Nelle mani dei fanti o ashigaru divenne più efficace di una katana, soprattutto nelle grosse cariche campali. Nella battaglia di Shizugatake, in cui Shibata Katsuie fu sconfitto da Toyotomi Hideyoshi, i cosiddetti "sette lancieri di Shizugatake" ebbero un ruolo cruciale nella vittoria.
Completavano il corredo i ventagli da guerra con i bordi affilati come coltelli, ma per diverse epoche della storia giapponese i samurai furono i soli a poter portare armi.
Il Seppuku
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Seppuku (切腹) è un termine giapponese che indica un rituale per il suicidio in uso tra i samurai. In Occidente viene usata più spesso la parola harakiri (腹切り). A volte in italiano viene erroneamente pronunciato come "karakiri", con pronuncia e scrittura errata dell'ideogramma hara.
Nello specifico seppuku e harakiri presentano alcune differenze, qui di seguito spiegate.
La traduzione letterale del termine seppuku è "taglio dello stomaco", mentre per harakiri è "taglio del ventre" e veniva eseguito secondo un rituale rigidamente codificato. Esso era un modo per espiare una colpa commessa o un mezzo per sfuggire a una morte disonorevole per mano dei nemici. Un elemento fondamentale per la comprensione di questo rituale è il seguente: si riteneva che il ventre fosse la sede dell'anima.Il significato simbolico di questo atto era dunque quello di mostrare agli astanti la propria anima priva di colpe in tutta la sua purezza. Ma anche l'estremo gesto di orgoglio e libertà di un samurai seguiva regole rigidamente codificate. Il sacrificio si doveva consumare davanti a testimoni utilizzando il pugnale (tantō) o la spada corta (wakizashi) ed eseguendo un taglio a "L", che partiva dall'ombelico e si allungava da sinistra a destra, e poi verso l'alto.
I piedi con le punte rivolte verso il basso garantivano che il moribondo seduto sulle ginocchia cadesse in avanti, coprendo lo scempio di sangue e budella. La presenza di testimoni e del kaishakunin, l'assistente incaricato di finire il ferito con un colpo di katana al collo, assicurava che la vittima non soffrisse ulteriormente (e non avesse ripensamenti).
Il kaishakunin era un fidato compagno del samurai che, previa promessa all'amico, lo decapitava appena egli si era inferto la ferita all'addome, per fare in modo che il dolore non gli sfigurasse il volto e preservandone l’onore.
Alcune volte praticato volontariamente per svariati motivi, durante il periodo Edo (1604–1867) divenne una condanna a morte che non comportava disonore. Infatti il condannato, vista la sua posizione nella casta militare, non veniva giustiziato, ma invitato o costretto a togliersi da solo la vita praticandosi con un pugnale una ferita profonda all'addome di una gravità tale da provocarne la morte.
La decapitazione (kaishaku) richiedeva eccezionale abilità e infatti il kaishakunin era l'amico più abile nel maneggio della spada. Un errore derivante da poca abilità o emozione avrebbe infatti causato notevoli ulteriori sofferenze. Proprio l'intervento del kaishakunin e la conseguente decapitazione costituiscono la differenza essenziale tra seppuku e harakiri. Infatti, sebbene le modalità di taglio del ventre siano analoghe, nell'harakiri non è prevista la decapitazione del suicida. Viene pertanto a mancare tutta la relativa parte del rituale, con conseguente minore solennità dell'evento.
Il più noto caso di seppuku collettivo è quello dei "quarantasette rōnin", celebrato nel dramma Chushingura, mentre il più recente è quello dello scrittore Yukio Mishima avvenuto nel 1970. In quest'ultimo caso, il kaishakunin Masakatsu Morita, in preda all'emozione, sbagliò ripetutamente il colpo di grazia, e ciò richiese l’intervento di Hiroyasu Koga, che decapitò lo scrittore.
Una delle descrizioni più accurate di un seppuku è quella contenuta nel libro Tales of Old Japan (1871) di Algernon Bertram Mitford, ripresa in seguito da Inazo Nitobe nel suo libro Bushido, L'anima del Giappone (1899).
Nel 1889, con l’introduzione della costituzione Meiji, venne abolito come forma di punizione ma casi di seppuku si ebbero al termine della seconda guerra mondiale tra gli ufficiali, spesso provenienti dalla casta dei samurai, che non accettarono la resa del Giappone. Un caso celebre fu quello dell'anziano ex daimyō Nogi Maresuke che si suicidò nel 1912 alla notizia della morte dell'imperatore.
Con il nome di jigai, il seppuku era previsto, nella tradizione della casta dei samurai, anche per le donne. In questo caso il taglio non avveniva al ventre bensì alla gola, dopo essersi legate i piedi per non assumere posizioni scomposte durante l'agonia.
L'arma usata poteva essere il tantō (coltello), anche se più spesso, soprattutto sul campo di battaglia, la scelta ricadeva sul wakizashi, detto per questo "guardiano dell'onore".
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Il Bushidō
Il guerriero giapponese viveva e moriva secondo un rigido codice di comportamento, il bushidō (la via del guerriero), che regolava il rapporto unico e inscindibile tra il samurai e il suo daimyō. Alla base di questo codice c'era la fedeltà assoluta, una rigida definizione di onore e il sacrificio del bene del singolo in favore del benessere comune. È questa l'etica alla base delle azioni anche dei kamikaze giapponesi durante la Seconda Guerra Mondiale e di cui si avvertono strascichi in alcune aziende nipponiche moderne.
Qualora un'offesa o una grave colpa avesse incrinato questo rapporto, c'era sempre una via per salvare l'onore: il seppuku o harakiri, il suicidio rituale.
I precetti dei samurai furono pesantemente influenzati dalle principali correnti spirituali e culturali giapponesi. Verso il 1000 era ancora lo shintoismo la principale fonte di ispirazione per i samurai, corrente che sottolineava la fedeltà all'imperatore, in un'epoca in cui essere samurai voleva dire essere un guerriero abile. Successivamente però concetti taoisti, buddisti e confuciani iniziarono a diffondersi e a sovrapporsi tra lori. In particolare ebbero grande fortuna, dopo il buddismo cinese, il buddismo zen e il buddismo esoterico. Quest'ultimo era praticato soprattutto nelle casate nobili più ricche e potenti, mentre il buddismo zen era praticato anche a livello di piccole scuole e fra i rōnin. In quest'epoca si diffusero molte scuole che associavano ai doveri del samurai l'obbligo di svolgere i propri compiti non solo al massimo delle proprie capacità, ma anche con grazia ed eleganza. Ciò voleva dire dimostrare attraverso il gesto la propria superiorità. Questa pratica che fu molto contestata nel XVI secolo, è rimasta in molte scuole di pensiero samurai.
I guerrieri del 900 erano divenuti, prima del 1300, raffinati poeti, mecenati, pittori, cultori delle arti, collezionisti di porcellane, codificando in molte opere di bushido (fino al Libro dei cinque anelli) una precisa necessità. Un samurai doveva infatti essere esperto in molte arti, non solo in quella della spada. La prima grande codificazione di questa svolta avvenne nello Heike Monogatari, opera letteraria più famosa del periodo Kamakura (1185-1249). Quest’opera attribuiva alla via del guerriero l'obbligo dell'equilibrio tra la forza militare e la potenza culturale. Gli eroi di questa epopea (la storia di una lotta tra due clan, i Taira e i Minamoto) e di altre che si ispirarono a questa negli anni immediatamente successivi, sono gentili, ben vestiti, molto attenti all'igiene, cortesi con il nemico nei momenti di tregua. Ma erano anche abili musicisti, competenti poeti, letterati talvolta particolarmente versati nella calligrafia o nella disposizione dei fiori. E ancora, era appassionati cultori del giardinaggio e spesso interessati alla letteratura cinese.
Inoltre, morendo, spesso mettevano in versi il proprio epitaffio.
Questa visione duplice dei compiti del samurai si affermò grandemente, fino a diventare egemonica. Hojo Nagauji (o Soun), signore di Odawara (1432-1519), uno dei più importanti samurai della sua epoca scrisse nei Ventuno precetti del samurai: "La via del guerriero deve sempre essere sia culturale, sia marziale. Non è necessario ricordare che l'antica legge stabilisce che le arti culturali dovrebbero essere rette con la sinistra e quelle marziali con la destra". In questo egli sottolineava una certa predominanza per le arti marziali, ma da questo insegnamento trassero spunto numerosi samurai che divennero famosi tanto come spadaccini, quanto, e più, come esperti della cerimonia del tè, o come artisti, attori di teatro Nō e poeti. Imagawa Royshun (1325-1420), grande commentatore dell'arte della guerra di Sun Tzu, nelle sue Norme si era spinto oltre, affermando che "Senza conoscere la via della cultura, non ti sarà possibile raggiungere la vittoria in quella marziale". Royshun aveva così creato un nuovo concetto di equilibrio tra cultura e guerra noto come bunbu ryodo ("non abbandonare mai le due vie").
Lo stesso Miyamoto Musashi, uno dei più grandi duellisti del XVII secolo, divenne nella seconda parte della sua vita uno dei più grandi pittori di quel periodo. Concordava con Takeda Shingen (1521-1573), forse il più brillante generale del XVI secolo, che affermava come la grandezza di un uomo dipendeva dalla pratica di numerose vie.
Questo atteggiamento ovviamente provocò tutta una serie di aspre critiche. In particolare si ricorda l'avversione di Kato Kiyomasa (1562-1611) per tutto ciò che non era marziale e la sua opinione, condivisa da molte scuole "estremamente marziali", era che un samurai dedito alla poesia sarebbe divenuto "effeminato", mentre un samurai che avesse praticato il mestiere dell'attore o si fosse interessato al teatro Nō avrebbe dovuto suicidarsi per il disonore che arrecava al suo nome. Correnti di pensiero "estremamente marziali" e di rifiuto degli aspetti culturali della figura del samurai si diffusero notevolmente nei secoli successivi. Questo fatto potrebbe sembrare paradossale per un'epoca di pace (la cosiddetta Pax Tokugawa) durante la quale in piccoli dojo non solo si accettava l'etichetta, ma anzi la si studiava a fond. Al contempo però si intendeva anche ritornare al significato originario dell'essere samurai, il guerriero impavido.
Le differenti fonti di ispirazione culturale a cui erano soggetti i samurai (scintoismo, scintoismo esoterico, taoismo, buddismo cinese, buddismo della terra pura, buddismo zen, buddismo esoterico, confucianesimo ufficiale cinese, confucianesimo dei glossatori giapponesi ed epica classica giapponese) crearono scuole di pensiero e di pratica molto differenti.I principi di vita seguiti erano talvolta contrapposti o, più spesso, semplicemente complementari, anche grazie alla grande attitudine al pragmatismo e al sincretismo della cultura giapponese.
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Simbolo di tutte le arti marziali. Nell'iconografia classica del guerriero il ciliegio rappresenta insieme la bellezza e la caducità della vita, ed era per questo venerato.I sakura, durante la fioritura, mostrano uno spettacolo incantevole nel quale il samurai vedeva riflessa la grandiosità della propria figura avvolta nell'armatura. Ma è sufficiente un improvviso temporale perché tutti i fiori cadano a terra, proprio come il samurai può cadere per un colpo di spada infertogli dal nemico. Il guerriero, abituato a pensare alla morte in battaglia non come un fatto negativo ma come l'unica maniera onorevole di andarsene, rifletté nel fiore di ciliegio questa filosofia.
Un antico verso ancora oggi ricordato è "tra i fiori il ciliegio, tra gli uomini il guerriero" (花は桜木人は武士 hana wa sakuragi, hito wa bushi), ovvero "come il fiore del ciliegio è il migliore tra i fiori, così il guerriero è il migliore tra gli uomini".
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