Japanese Culture: Il Ramen
Ramen: “Imperatore” della tavola Giapponese.
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Fino a pochi anni fa, per amanti o meno della cucina etnica, andare al Giapponese equivaleva prettamente a gustare Sushi: piatto composto da pesce crudo e riso.
Questo piatto da colori e forme suggestive strizza l’occhio ai commensali più modaioli (ma non solo!), che hanno modo di gustare “prima con gli occhi che con la gola”. Ma ora un altro piatto famoso in tutto il Giappone è finalmente approdato anche sulle nostre tavole, facendo impazzire i più.
Il Ramen (ラーメン,拉麺 rāmen), forse vero e proprio piatto rappresentativo del paese. Talmente conosciuto in tutto il Giappone che vanta per ogni regione un suo modo diverso di farlo. Regione diversa, ricetta diversa. Gustiamole tutte allora …
Una zuppa ricca di ingredienti: spaghetti cinesi, carne di maiale, Nori (海苔) o alga secca, uova sode, e il kamaboko. Da noi conosciuto come surimi, la sua forma più famosa, quella a spirale, si chiama Naruto (come il personaggio del manga omonimo il cui nome è ispirato proprio a questo ingrediente) . Il brodo può essere di pesce o carne, varie guarnizioni e modi diversi di insaporire, con semi di sesamo o pepe, dal miso alla salsa di soia.
Storia di una Zuppa
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Benché non sia chiaro quando ebbe inizio la diffusione di questo piatto in suolo giapponese, l’origine è cinese, visto che uno degli ingredienti base sono i mian o spaghetti cinesi di frumento. Va anche detto che in Cina solo negli ultimi anni c’è stata una riscoperta, non considerato più piatto tradizionale ma d’importazione giapponese. In Cina vengono chiamati rìshì lāmiàn “Lamian in stile Giapponese”.
Il Ramen è sempre stato un piatto da gustare fuori casa, e all’inizio del ‘900 c’erano numerosi chioschi da strada con gestori Cinesi. Poi, dopo la Seconda Guerra Mondiale, i soldati giapponesi di rientro dalla Cina, dove avevano appreso la tradizione culinaria, aprirono diversi ristoranti in tutto il paese. Da lì in poi, una continua evoluzione che ha portato a come si conosce il Ramen oggi giorno.
Così tanto amato che dal 1994 è stato aperto a Yokohama lo Shin-Yokohama Raumen Museum il museo interamente dedicato a questa prelibatezza.
Ramen da compagnia.
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Come detto in precedenza, in passato non era poi così strano gustare scodelle di Ramen nei chioschi da strada, famosi anche oggi giorno sebbene non diffusissimi. Questo perché il Ramen è anche un cibo da strada da assaporare nei tradizionali Yatai, bancarelle mobili. I migliori ristoranti invece sono i Ramen-ya con pochi posti a sedere sia al banco che ai tavoli, ma con la finalità di mangiare solo Ramen.
E non è inusuale trovare piatti di Ramen in parchi divertimento o nei menù dei karaoke. Ci scappa anche che finito il lavoro tra colleghi si faccia un salto agli Izakaya, pub con la formula Nomihodai “all you can drink” e Tabehodai “all you can eat”. Qui, con un tempo massimo di tre ore, i commensali tra liquori ed altri cibi possono gustare anche il Ramen con un menù dal prezzo fisso.
Menzioni d’onore e le regionali.
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Benché la ricetta classica sia comune in tutto il Giappone ci sono varianti sempre innovative.
Qui va menzionato il Ramen Blue , di un bellissimo e brillantissimo colore, e vogliamo anche dirlo del tutto naturale! Ma questa è un'innovazione estrema.
Le varianti “classiche” regionali sono:
- Quella di Tokyo con tagliatelle spesse in brodo di pollo al gusto soia, con guarnizione di germogli di bamboo, scalogno, maiale a fette, spinaci alghe, un uovo e un po’ di Dashi. Da provare nei quartieri di Ikebukuro, Ogikubo e Ebisu.
- A Sapporo è famosa per la versione “invernale”, con talvolta frutti di mare, burro, maiale, mais e germogli di fagioli.
- Yokohama ha il le-kei , uovo alla coque dove il commensale deve indicare la morbidezza desiderata per poi romperlo ed insaporire il brodo con cipolla, maiale, spinaci e alga.
- Kitakata con tagliatelle spesse ma piatte, servite in brodo di maiale.
- Hakata con brodo composto da osso di maiale, e con spaghetti sottili, zenzero, aglio, verdure in senape e semi di sesamo.
Se leggendo questo articolo vi è venuta una gran fame vogliamo lasciarvi alcuni indirizzi dove poterlo gustare qui in Italia:
Nozomi
Via Pietro Calvi 2, 20129 Milano, Italia
+39 02 7602 3197
http://www.nozomi.milano.it/
Casa Ramen
Via Porro Lambertenghi 25, Milano, Italia
+39 02 3944 4560
https://www.facebook.com/casaramen
Zarà Ramen
Via Solferino, 48, 20121 Milano, Italia
+39 02 3679 9000
https://www.facebook.com/zazaramen/
Mi-Ramen Bistro
Viale col di lana, 15 | Viale Col Di Lana, 15, 20136, Milano
+39 339 232 2656
http://mi-ramenbistro.it/
Osaka
Corso Giuseppe Garibaldi 68, 20121 Milano, Italia
+39 02 2906 0678
http://www.milanoosaka.com/
Ryukishin
Via Ariberto 1, 20123 Milano, Italia
+39 02 8940 8866
http://www.ryukishin.it/
Banki Ramen
Via Dei Banchi 14 Rosso, 50123, Firenze, Italia
+39 055 213776
Waraku
Via Prenestina 321/A, 00177 Roma, Italia
+39 06 2170 2358
https://www.facebook.com/Waraku-192626757583758/
Japanese Folklore: The Ring
Ringu: La cassetta maledetta
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The Ring è il fortunato horror statunitense con protagonista Naomi Watson che nel 2002 infestò i cinema di tutto il mondo. Incassando più di 250 milioni di dollari al botteghino ha ridato vita ad un genere ormai stantio con nuovi spunti per procurare brividi agli spettatori più temerari. Ha avuto anche un sequel, The Ring 2, uscito nel 2005, ed è da poco arrivato sugli schermi The Ring 3 a distanza di quindici anni dalla pellicola originale.
Samara Morgan è una bambina dai lunghi capelli corvini e la pelle nivea, e dalla descrizione potrebbe sembrare una candida Biancaneve. Ma la realtà è ben diversa. Con la sua frase celebre “Tra sette giorni morirai” è un fantasma che conduce alla morte, grazie ad un cerchio senza fine, chiunque veda la sua casetta maledetta.
Samara oggigiorno è tra i “cattivi” per antonomasia del genere Horror americano (come Jason di Venerdì 13, o Freddy Krueger di Nightmare con la sua natura soprannaturale e demoniaca). E diciamolo, è anche una delle possibili maschere di Halloween.
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Ma la sua nascita non è americana bensì giapponese, nata dalla penna dello scrittore Koji Suzuki autore dell’omonimo romanzo Ring ( リング Ringu). Suzuki è autore anche di Spiral, uno dei sequel di The Ring, e di Dark Water che si guadagnò un film di cui in America venne prodotto il remake. La protagonista è qui Jennifer Connelly, e anche questo è un Horror di indubbio terrore che però non ha eguagliato la fama di The Ring.
Il remake Americano di The Ring non è molto diverso dal soggetto originale(almeno per i primi film è così). La protagonista è in entrambi una giornalista che ricerca il mistero delle inspiegabili morti dovute alla visione della cassetta maledetta. Purtroppo la donna finirà per portare con sé in questa spirale la propria famiglia in una corsa disperata per salvarsi. Ma il fantasma non è più una inquietante bambina ma una giovane donna.
Sadako 貞子
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Sadako è il fantasma di una diciannovenne con lunghi capelli corvini che le coprono completamente il volto e che uscendo dal televisore porta il malcapitato ad una violenta morte.
Questo fantasma è in realtà una creatura molto complessa, come tutti i fantasmi Giapponesi, la cui crudeltà non è dettata altro che dalla vendetta. E purtroppo, quando la missione di vendicarsi di chi gli ha fatto male nella loro vita umana si conclude, l’odio ormai ha preso il sopravvento. Ogni possibile redenzione è perduta.
Sadako Yamamura era il suo nome umano e in tutti i film abbiamo una visione della sua storia e sappiamo qualcosa del suo personaggio. Ma è nel prequel della prima saga, The Ringu 0: Birthday, che abbiamo una visione completa della sua vita terrena.
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Prima di diventare il fantasma senza pace che caratterizza tutto il racconto Sadako nasce da un rapporto proibito. Di padre ignoto, si vocifera fosse un demone, sua madre era una sacerdotessa devota alle arti nere. Sin dall’infanzia viene perseguitata dalle voci secondo cui la vicinanza con lei porti sciagura e morte perché dotata di enormi ma oscuri poteri. Potrebbe avere un lieve spiraglio di luce in una vita tormentata quando ormai adolescente si trasferisce a Tokyo con il professor Ikuma. Ex amante della madre, il professore tratterà la giovane come una figlia che arrivata all’età adulta si iscrive in una compagnia teatrale. Qui, una serie di tragici avvenimenti la porterà a diventare attrice protagonista, ma con questo anche all’ascesa della parte maligna dentro di lei.
Si scoprirà infatti che in lei vivono due entità, la sua parte umana e buona, e la parte demoniaca dall’aspetto di una bambina. E saranno le vessazioni e la morte della sua parte buona, uccisa dai suoi colleghi, che faranno prevalere il lato demoniaco, e scateneranno la serie di fatali avvenimenti conseguenti.
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Ikuma cercherà di uccidere anche la Sadako malvagia buttandola in un pozzo e sigillandolo, ma l’entità sopravvive alla caduta pur restando imprigionata. Qui il demone diventa sempre più forte concretizzando alla fine il suo odio nella videocassetta maledetta che in sette giorni conduce alla morte chiunque la guardi.
Ma ciò nonostante non si può non nutrire compassione per lei, essere travagliato. Nell’ultimo attimo di umana lucidità, prima che la sua parte demoniaca prenda il sopravvento, ricorda Toyama l’unico ragazzo che abbia mai amato.
I film hanno una sostanziale differenza rispetto al libro di Koji Suzuki per quanto riguarda la storia del personaggio. La giovane ha infatti una vita ben più travagliata e molto più complessa, che si conclude con un destino fatale.
Banchō Sarayashiki 番町皿屋敷
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Il personaggio creato da Koji Suzuki, come molti altri del cinema horror giapponese moderno, prende spunto da una antica leggenda.
Parliamo della storia di Okiku e i nove piatti. Molto spesso anche il teatro Kabuki ne ha preso spunto per le sue rappresentazioni e ve ne sono diverse versioni.
In tutte la protagonista è Okiku, una bella e giovane serva che lavora per la famiglia di Aoyama Tessan un samurai innamorato di lei. Innumerevoli volte la ragazza rifiuta le avance del samurai che per farla cedere alla passione le fa credere di aver perso un piatto di finissima porcellana di un servizio da dieci. Okiku conta e riconta i piatti ma il decimo non salta fuori. La povera piange disperata perché sa che la pena che la attende è severa ma il samurai la rassicura dicendo che in cambio del suo amore non subirà punizioni. Okiku rifiuta è il samurai offuscato da un raptus di rabbia la spinge in un pozzo facendola morire. Okiku torna come fantasma per tormentare il suo assassino continuando senza sosta a contare fino a nove e poi iniziare a piangere. Solo un monaco esorcista riesce a liberare lo spirito durante la sua ennesima apparizione notturna. Dopo averla fatta contare fino a nove il monaco urla DIECI! cosi facendo libera Okiku ora pronta ad andare in paradiso.
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Ci sono, come già detto, diverse varianti di questa leggenda, tutte più o meno simili. In una la storia si svolge al castello Himeji e in alcune Okiku muore per un complotto di corte, in altre perché il suo amante, lo shogun, la uccide per aver rotto volontariamente il decimo piatto.
In ogni versione comunque si è mossi a compassione per questo personaggio, sicuramente oscuro ma allo stesso tempo infelice.
Japanese Culture: Lolita fashion
Lolita fashion - (ロリータ・ファッション Rorīta fasshon)
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Molto probabilmente chi ha una vena molto romantica, sospesa in un tempo indefinito nel passato, vorrebbe apparire come una meravigliosa bambola di porcellana. Magari vorrebbe avere abiti talmente vezzosi da far invidia a Maria Antonietta e partecipare a Tea Party da favola.
Tutto questo è possibile farlo grazie al fenomeno Lolita, una delle più famose ed elaborate mode Giapponesi. Questa è un misto tra Barocco e stile Vittoriano , molto amata in patria ma conosciuta ormai in tutto il mondo.
Il nome evoca ma non celebra il romanzo di Vladimir Vladimirovič Nabokov, ma questa moda non è un tributo ad una giovane e provocante sensualità. Infatti questa rappresenta la bellezza che cela l’ingenuità, l’eleganza nel celare più che nello scoprire. In più, il nome Lolita è un Wasei-eigo, termine che include tutte quelle parole anglofone che in lingua originale hanno un significato completamente diverso o sono addirittura inesistenti, ma sono entrate nel dizionario Giapponese.
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Non si sa precisamente quando sia nato questo stile d’abbigliamento. Alcuni sostengono già dalla fine degli anni 70, benché effettivamente è diventato celebre verso la fine degli anni novanta. Questa moda è stata fortemente influenzata dal genere musicale Visual Kei. E non a caso, perchè questo tipo di musica è fortemente teatrale non solo nelle note ma anche nell’abbigliamento delle band stesse.
Esemplari sono i MALICE MIZER anche grazie a Mana co-fondatore e leader della band (chiamato anche Mana-sama dai suoi fans). Mana ha influenzata particolarmente la moda lolita coniando il termine “Gothic Lolita” e firmando il suo personale brand Moi-même-Moitié.
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Gothic Lolita e Sweet Lolita
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Lo stile Lolita e diviso in due correnti ben distinte (a loro volta divise in molteplici sottostili): il Gothic Lolita forse il più celebre, e lo Sweet Lolita.
GothLoli (ゴスロリ gosu rori): Il Gothic Lolita come detto è il genere più conosciuto ma questo nome viene erroneamente attribuito a tutta la moda. Colore dominante è il nero e né si celebrano tutte le più possibili sfumature. Non vengo però disdegnati nemmeno i colori scuri come il rosso bordeaux, il blu scuro, il viola o il verde smeraldo. Questi colori sono spesso utilizzati nelle stoffe come nel make-up con un pesante e drammatico smokey eyes e il rossetto che risalta su una cipria bianca. Di fatto è l’unica eccezione nella moda Lolita dove si utilizza questo tipo di cipria, perché negli altri stili si preferisce un look più naturale. I fitti ricami degli abiti si ispirano a macabri racconti con i loro teschi; o si ispirano a tematiche religiose con croci (appunto gotiche) presenti spesso anche nei gioielli. Bare usate come piccole borse e ombrellini neri di pizzo ne rifiniscono l’outfit.
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L’Aristocrat è uno dei numerosi sottogeneri del Gothloli ma più maturo e sobrio, come dice il termine stesso, volutamente “aristocratico” e molto elegante.
Dato che la moda Gothic Lolita si basa sullo stille Vittoriano, che come ricordiamo è l’emblema del gotico e del raffinato, c’è da notare la similitudine con lo stile più occidentale detto steampunk.
Ama-loli (甘ロリ ama rori): Lo Sweet Lolita invece predilige colori pastello preferibilmente il rosa. E lo stesso vale per il makeup qui meno drammatico, quasi più naturale. Resta comunque elaborato, enfatizzando gli occhi con toni rosati e ciglia finte per uno sguardo da bambola, così come nuance tenue per le labbra. Questo stile come il precedente prende spunto dall’epoca Vittoriana ma è più influenzato dal Rococò francese. È uno stile Lolita più “infantile”, e qui la fanno da padroni fiocchi e nastrini. Le trame dei vestiti sono ispirate al mondo delle favole, unicorni e piccole miniature di pasticcini francesi come i Macaron. Sono gioielli da sfoggiare assieme a zaini a forma di orsetti o coniglietti e l’eroina a cui ispirarsi è “Alice nel paese delle meraviglie”.
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Sottogeneri e il Principe
Il mondo lolita è davvero molto vario ed elaborato, esistono generi per tutti i gusti. Il Wa Lolita ad esempio è un mix tra i vestititi lolita e le stoffe dei Kimono tradizionali, con Obi ad adornare la vita e i classici sandali Geta come calzature; Il Qi Lolita che si riffa allo stille Cinese dove al posto dei Kimono si modificano i qípáo; il Sailor Lolita che si basa sulla classica divisa scolastica con la sua variante più elaborata; o ancora il Pirate Lolita.
E se si pensa che lo stile lolita sia solo “zucchero e cannella” abbiamo anche il Guro Lolita. Qui le lolita si ispirano all’horror con sangue finto che risalta su candidi abiti bianchi per dare l’idea di essere bambole di porcellana in frantumi.
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Ma ci sono davvero molti altri esempi da citare. Una nota particolare bisogna farla però per lo stille Ōji (王子 principe) per chi crede erroneamente che la moda lolita sia solo femminile. Lo stile Principe si basa sui modelli di vestiti usati dai giovani Dandy Vittoriani e qui vediamo la comparsa di pantaloncini corti e calze al ginocchio. Questo però non significa sia solo maschile. Se una ragazza si affacciasse al mondo lolita ma volesse avere uno stile più androgino questo tipo di abbigliamento fa per lei.
I must have, i vari Brand, anime e l’influenza fuori dal Giappone
Esistono alcuni oggetti di culto che ogni Lolita che si rispetti possiede nel proprio guardaroba: le Cutsew, camicie con enormi fiocchi e maniche a sbuffo o le Petticoat ovvero sottovesti per ampliare i vestiti e le gonne. Per chi si domanda invece come fanno le Lolita ad avere dei capelli tanto meravigliosi e folti … beh, sappiate che sono parrucche. Le lolite le decorano poi con enormi fiocchi e i Bonnet, i classici cappelli di una volta, e le scarpe iconiche sono modello Mary Jane. Queste, anche se nate all’inizio del secolo scorso per i bambini ormai sono le scarpe che ogni lolita che si rispetti indossa.
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Oltre il brand di Mana-sama, altri molto conosciuti sono Angelic Pretty, e Baby, The Stars Shine Bright quest’ultima con boutique non solo a Tokyo ma anche a Parigi e San Francisco. Bisogna ammettere che la moda lolita è molto dispendiosa, ma esistono Indie brand belli quanto le marche più famose ma sicuramente meno dispendiose. Ed in Giappone è possibile acquistare abiti lolita anche nei grandi magazzini e volendo ci sono siti web appositi per comprare abiti lolita di seconda o terza mano. In altre parole è diventata una moda per più tasche.
Il fenomeno lolita ha trovato la sua strada anche in molti anime di successo. Esemplari sono Paradise Kiss di Ai Yazawa meglio nota per essere la mamma di Nana; Princess Princess anime dove la moda lolita e vista tramite gli occhi di tre ragazzi; Le Portrait de Petit Cossette, versione femminile e Noir del ritratto di Dorian Gray; e Rozen Maiden dove protagoniste sono appunto delle bellissime bambole.
Come già detto, le Lolita non sono famose solo in madre patria, ma dall’America a tutta l’Europa si possono incontrare piccole comunità di Lolita. Queste si riuniscono in raffinate Tea House per celebrare il Tè delle cinque con la classe e lo stile che le differenzia da qualsiasi altra moda.
Japanese Folklore: Kappa
Kappa ovvero “Il figlio del fiume”
Il Kappa è una simpatica chimera, non si sa bene quale sia il suo aspetto, a tratti umanoide, dalle fattezze magari scimmiesche. Il più delle volte però ha il volto di una tartaruga con un becco giallo. Dalle tartarughe ha preso in prestito anche il guscio e una pelle squamosa dai colori acquatici ma in prevalenza di un bel verde alga. Sulla testa porta una foglia di loto contenete dell’acqua ed è da questa che trae i suoi poteri. Lui è il Kappa (河童) o se volete chiamarlo Kawatarō ( "ragazzo di fiume") o Kawako ("figlio del fiume"), ne sarà felice.
Nato come monito per spaventare i bambini dai pericoli che le acque profonde nascondono, è uno Suijin (水神 "dei acquatici") dello shintoismo. Comunemente però la sua figura è uno dei tanti Yōkai (demoni o fantasmi) del folklore Nipponico.
Per quanto il suo aspetto grottesco può suscitare una certa ironia, non è un tipo con cui scherzare perché è un essere dispettoso e malizioso. Nell’antichità si diceva rapisse i bambini perché ne era ghiotto ma non disdegnava nemmeno le viscere di umano adulto. E’ sempre pronto a fare scherzi di cattivo gusto come alzare le gonne dei kimono delle giovani donne al rubare il raccolto dei contadini.
Anche se dispettoso e magari pericoloso, un buon modo per salvarsi da lui sono le formalità. Ebbene sì, è molto educato anche se pare difficile da credere. Ama le buone maniere e se gli farete fare un profondo inchino verserà la sua acqua magica e lui perderà le energie. È anche un essere pronto a mantenere la parola data e a elargire ricompense.
Se ne trovate uno in difficoltà aiutatelo e versate acqua sulla sua foglia, sarà vostro debitore a vita! Magari volete averlo come amico? Beh, Io non vi ho detto nulla ma i Kappa amano i Cetrioli! Ebbene sì! Offrite ad un Kappa queste fresche verdure e vi donerà la sua amicizia, e chi non vorrebbe un Kappa come amico ai nostri giorni?
Il Kappa vive nei laghi o negli stagni profondi e per questo è un ottimo nuotatore. Ma qui c’è proprio da dire: “kappa no kawa nagare”, "un kappa che si fa portar via dalla corrente" , perché anche i più bravi sbagliano, non demordiamo quindi!
Oggigiorno i Kappa sono meno spaventosi, per certi versi più “Kawaii”e innumerevoli anime ne hanno preso spunto. In “Marmalade boy” i due protagonisti Miki e Yu hanno un Kappa di Pelushe come mascotte; diversi Pokemon sono ispirati a questa figura e “Kappa no Coo to Natsuyasumi” ( Un’estate con coo) parla dell’amicizia tra un bambino dei giorni nostri ed un Kappa alla ricerca di suoi simili.
Anche J.K. Rowling ha parlato di queste creature mitologiche nel suo libro “Animali fantastici: dove trovarli”. E se siete interessati a trovare un vero Kappa, o quanto meno ciò che ne rimane, vorrete recarvi ad Asakusa distretto di Tokyo. All’interno del tempio buddista Sogen-ji se ne possono venerare i resti.
photo credit: manganews, wikipedia, facebook.com/TeaFoxIllustrations
Japanese Culture: Shingeki no Kyojin
SHINGEKI NO KYOJIN – Il manga rivelazione degli ultimi anni
Questa volta parliano di Shingeki no Kyojin (進撃の巨人), meglio conosciuto in italia come "L'attacco dei giganti", vera e propria rivelazione di questi ultimi anni.
Per gli appassionati di anime e manga è diventata una serie shōnen action horror di culto. Ai meno appassionati basti sapere che ha in breve tempo sbaragliato tutte le classifiche giapponesi e mondiali, diventando uno degli anime più visti al mondo. Il manga è secondo per numero di vedite solo a One piece.
Per dare qualche cifra, parliamo di circa 2 milioni di copie vendute per volume, contro i circa 3 milioni di copie di One Piece (vendite giapponesi). La cifra è ancora più sbalorditiva se consideriamo che mentre One piece ha alle spalle anni di pubblicazioni (il primo volume uscì nel lontano agosto 1997). Il primo volume dell'Attacco dei giganti è uscito solo nel settembre 2009. Numeri da far girare la testa insomma che gli sono valsi, tra le altre cose, anche il prestigioso premio Kodansha come miglior manga shōnen, nel 2011.
La trama
Il manga è pubblicato da una delle maggiori case editrici giapponesi, la Kodansha. Al suo attivo ha 21 volumi fino ad ora e nasce dalla penna di Hajime Isayama, che ha ambientato la sua storia in una sorta di Medioevo alternativo.
Tutto ruota attorno al personaggio di Eren Jaegar che vive in un mondo in cui secoli prima l’umanità aveva rischiato lo sterminio totale. I pochi uomini rimasti sopravvivono in un complesso urbano organizzato all’interno di tre mura concentriche alte 50 metri. L’unica difesa tra l’uomo e il mondo esterno popolato da misteriose creature sono appunto i giganti. Queste creature, incredibilmente simili agli esseri umani ma di altezza compresa tra i 3 e i 15 metri, sembrano privi di intelligenza e di uno scopo reale, se non quello di divorare carne umana.
Ma presto un evento porrà fine alla tranquillità durata solo un secolo. Un gigante, alto al punto da superare le mura stesse, appare dal nulla aprendo una breccia nel muro di protezione più esterno. Questo permetterà ai giganti di penetrare e fare strage di vite umane. Eren, vinto il terrore iniziale e il dolore per la perdita della madre, si riprometterà di eliminare ogni singolo gigante esistente, e in questa sua lotta contro l’ignoto non sarà solo.
La serie animata e la fama internazionale
La vera fama di questo manga la si deve proprio alla serie anime uscita nel 2013. Prodotto da Wit Studio in collaborazione con la più famosa Production I.G.
La differenza dal punto di vista visivo rispetto alle tavole originali di Isayama è sorprendente. Curati fin nel più piccolo dettaglio e animati da animazione estremamente realistica, i personaggi si muovono su uno sfondo anch’esso curatissimo e realistico. I realizzatori della serie hanno quindi colmato le lacune stilistiche del mangaka. Tuttavia Isayama ha seguito in prima persona l’intera produzione dando indicazioni su quale fosse il modo migliore per dare corpo alle sue idee.
La colonna sonora altrettanto curata accompagna tutta la narrazione. Non tace mai, non lascia punti vuoti, ma sottolinea invece ogni istante della storia e contribuisce a coinvolgere lo spettatore in un action anime pieno di colpi di scena.
Azione, horror, intrighi politi, fanatismo religioso e lotta per la sopravvivenza fanno da trama. Qui si muovono personaggi ben delineati che, in un crescendo di azione e suspance, ci mostrano tanto la forza quando la fragilità degli esseri umani.
Niente viene lasciato al caso, e anche i personaggi che in apparenza potrebbero sembrare insignificanti svolgeranno invece un ruolo fondamentale. E proprio l’elemento horror sapientemente dosato senza mai scadere nella violenza nuda e cruda alla ricerca del dettaglio più scabroso, rende l’adattamento anime ancora più pregevole e adatto anche a chi non ama particolarmente questo genere.
Le interpretazioni
L’opera si presta a numerose interpretazioni. Qualcuno ci ha voluto vedere anche una sorta di propaganda politica. Ma è l’autore stesso ha darci qualche piccola chiave di lettura svelandoci la genesi dell’opera.
Ad esempio, le 3 mura entro le quali gli esseri umani vivono, sono viste sia come una barriera protettiva che come una prigione soffocante. Questa è stessa sensazione che l’autore ha raccontato di aver provato nascendo in una piccola città della prefettura di Ōita circondata dalle montagne. Non sfugge qui il parallelismo con la società giapponese, da sempre isolazionista e protezionista. O ancora, i giganti stessi rappresentano la paura dello sconosciuto, uno sconosciuto che non solo temiamo ma con il quale è impossibile comunicare.
E’ una storia che a tratti si fa angosciante, quella stessa angoscia e paura così comune anche nella società moderna. Niente è come sembra, ma non per questo i personaggi si fermeranno nella loro ricerca della verità e della libertà.
深い闇を俺は抜け出した。疾風(はやて)みたいに逃げ出した。
Fukai yami wo ore wo nukedashita. Hayate mitai ni nigedashita.
Siamo fuggiti da una spessa oscurità. Siamo sopravvissuti a quello sembrava un uragano.
生きた屍みたいだった俺達は、壁の外へ。
Ikita shikabane mitai datta oretachi wa, kabe no soto e.
Noi, che non sembriamo altro che zombie, andremo oltre queste mura.
また会おうぜ、地図にない場所で。
Mata aou ze, chizu ni nai basho de.
Ci incontreremo di nuovo, in un mondo che non esiste su mappa alcuna.The grate escape dei Cinema staff – Seconda ending
La storia continua
La storia nasconde un segreto che tutt’ora non è stato svelato. Tuttavia, vi interesserà sapere che il manga è entrato ormai nel suo arco finale quindi presto potrebbero venire svelate molte verità interessanti.
In un momento che alcuni definirebbero di stagniazione per l'animazione giapponese, Shingeki no Kyojin ha saputo distinguersi come opera originale e senza precedenti. Isayama ha saputo imporre il suo tratto distintivo e perfettamente riconoscibile. Originalità premiata dal grande successo di pubblico che ha avuto e sta avendo tutt'ora.
Inoltre, un'altra buona notizia per tutti i fan che attendono ormai dal 2013. Dopo numerose smentite, 3 ova, e tanta pazienza, qualche settimana fa è stato confermato che la seconda serie sarà finalmente in onda a partire dal 1 aprile. L'attesa è dunque finita.
Japanese Folklore: Pretty Guardian Sailor Moon
Pretty Guardian Sailor Moon
Se vi dico che la sua pettinatura è diventata celebre in tutto il mondo per i biondi codini incorniciati da due teneri Odango (lett. polpetta) sapete di chi sto parlando? No? Non vi dice nulla che il suo outfit sia un misto tra una divisa scolastica e una marinara? No, questo è impossibile perché lei è Usagi Tsukino.
Universalmente nota come Sailor Moon la guerriera che veste alla marinara e che protegge la terra da alieni cattivi sparsi per la galassia. Paladina per i bambini degli anni novanta e co-ambasciatrice del Giappone per i giochi olimpici che si terranno nel 2020.
Nata dalle sublimi tavole di Naoko Takeuchi, agli inizi degli anni novanta divenne da subito un’icona tanto in madre patria quanto all’estero. Ha fatto sognare generazioni con la sua storia d’amore immortale con Tuxedo Kamen. Ha insegnato i valori dell’amicizia con le sue compagne d’avventura le Sailor Senshi, ancora oggi è un mito.
Le Origini
Sailor moon è nata come spin-off di Codename Sailor V. Ebbene sì! la nostra paladina lunare e nata dopo la sua collega Sailor Venus, vero leader delle Sailor. Questo manga è la rappresentazione migliore del genere Majokko (魔女っ子 "streghetta") sottogenere a sua volta del shōjo. La trama tipica delle opere appartenenti a questo genere, parla di una ragazza magica affiancata da un’animale magico. Nel nostro caso abbiamo i gatti Luna, Artemis e Diana. Solitamente la ragazza possiede poteri magici, mescolando amore e fantasia. Tuttavia Sailor Moon è anche la prima versione al femminile del genere Sentai Mono (戦隊モノ "gruppo d'attacco"). Questo è quel genere fumettistico che racchiude tutti quei manga dove troviamo un gruppo di protagonisti pronto ad unirsi per sconfiggere le forze del male.
Non a caso Sailor Moon è per questo e tanti altri motivi, uno degli esempi migliori di Femminismo nei manga.
L’amore non barriere di tempo, spazio o genere.
Sailor Moon non ha solo insegnato i valori dell’amicizia, ma anche dato un forte impatto sull’amore, senza generalizzare per categorie, come molto spesso accade nei manga e nella vita reale.
Sappiamo tutti che la coppia che spicca più nel manga come nell’anime è quella di Sailor Moon e il suo Tuxedo Kamen, un amore che varca il tempo e lo spazio, immortale.
Innamorati anche nella loro vita passata, la Principessa Serenity e il Principe Endymion, prendono il loro nome dalla Dea greca della Luna Selene e il suo amato principe terrestre Endimione. Dal mito alla realtà, innamorati anche nella loro vita odierna come Usagi Tsukino e Mamoru Chiba, ed in futuro come Neo Queen Serenity e King Endymion.
Si potrebbe erroneamente pensare che sia Tuxedo Kamen a salvare la nostra eroina quando è nei guai con le sue rose svolazzanti. Tuttavia è solo grazie all’amore di Sailor Moon che riesce a salvarsi ed insieme a lui tutti noi umani. Perché come disse la Takeuchi “Le ragazze devono essere forti per proteggere l’uomo che amano”.
Sailor Moon e i rapporti omosessuali
Sono presenti anche altre relazioni amorose nel manga. La relazione saffica e non nascosta tra l’androgina Sailor Uranus e la sensuale Sailor Neptune. Una relazione velata ma che spicca bene dal terzo atto della saga in poi.
Il rapporto Omosessuale tra due degli emissari del Dark Kingdom. Tuttavia, Zoisite e Kunzite avevano un rapporto che cambia a seconda dell’adattamento. Essi erano protagonisti di un legame amoroso nell’anime contro una forte amicizia nel manga.
Possiamo anche citare il legame forte che unisce Sailor Mars e Sailor Venus, proprio per ricordare l’unione del mito tra Marte e Venere.
Naoko Takeuchi: un impero tra stelle, arte e moda.
La mamma della nostra bella marinaretta, come detto è Naoko Takeuchi classe 1967. Potremmo dire che ha vinto la lotteria della vita nel mondo dei manga. Non solo la sua opera più famosa Sailor Moon è conosciuta in tutto il mondo, ma ha anche sposato Yoshihiro Togashi, il papà di Yū Yū Hakusho e Hunter x Hunter. Inoltre è amica di altrettanto famose Mangaka come Wataru Yoshizumi (Marmalade Boy) e Yuu Watase (Fushigi Yûgi).
La passione per il disegno l’ha sempre avuta anche se ha frequentato studi universitari in chimica. Il suo tratto è caratterizzato da linee pulite e delicate, molto vezzose negli art book con centini che fungono come decori.
È una donna dalle molteplici passioni, che spaziano dalla lettura, le macchine, l’arte e altro. Molte volte ha usato come riferimento per le sue illustrazioni le opere di Art Nouveau di Alfons Mucha. Altra grande passione è la moda, molti abiti usati dalle guerriere Sailor e dai loro nemici si rifanno alla Maison Dior. L’iconico il meraviglioso abito di Princess Serenity prende spunto dal modello “palladio” dalla collezione Dior primavera/estate dell’92.
Grazie all’anniversario dei vent’anni ed ora dei venticinque ora, Sailor Moon brilla di una nuova fortunata stella. Gioia per tutti i bambini cresciuti con lei che ormai sono diventati collezionisti adulti.
Il Francising Sailor Moon
Il franchising di Sailor Moon spazia dalle classiche bambole, alle più svariate action figure. Inclusi anche innumerevoli prodotti di makeup, svariati oggetti di culto come la proplica del Moon Stick, abiti e molto altro.
Il manga ha avuto una serie live action, diversi OVA, musical. Non dimentichiamo il riadattamento con Sailor Moon Crystal uscito il 5 luglio 2014.
A Tokyo per un periodo di tempo è stato aperto un bar a tema. Per tutti quelli sfortunatamente non è riuscito a passarci, potete visitare Azabu Juban “shopping street” quartiere centrale a Tokyo. Questo infatti è uno dei quartieri che molto spesso appare nei fotogrammi di Sailor Moon. Per qualsiasi fans che si rispetti questo è un luogo mecca per sentirsi una vera Guerriera Sailor.
Photo credits: Tumblr, Pinterest.
Japan Folklore: Kitsune
Kitsune (狐)
La volpe che torna sempre
Kitsune. Furbe, scaltre, con una bellissima pelliccia colore delle foglie d’autunno, una folta coda e un musetto che quasi ti sorride. Le volpi sono in molte culture gli animali per antonomasia dell’astuzia, ma in Giappone hanno qualcosa in più. Esse infatti hanno qualcosa di sopranaturale e magico.
Le Kitsune sono nel folklore nipponico spiriti dotati di grandi poteri. Esse sputano fuoco, fulmini ed entrano nei sogni altrui. Questi poteri aumentano con il passare della loro longeva vita. Anche le loro code passano da una a due, tre fino ad arrivare a nove. Il manto che muta diventa di color bianco (talvolta oro) ma in alcune varianti anche nero. Le Kitsune sono famose per essere spiriti mutaforma. Moltissime sono le leggende dove queste creature si trasformano in bellissime e avvenenti donne che fanno innamorare il fortunato o sfortunato umano di turno.
Sono esseri ambivalenti, da un lato amabili amanti e dall’altro maliziose creature. Ci sono infatti diversi tipi di Kitsune. Le Zenko (善狐 "volpi buone") sono le accompagnatrice di Inari la divinità shintoista dell’agricoltura, il raccolto, il riso e la fertilità. Esse sono spiriti benevoli ed il loro incontro può solo portare liete novelle. Al contrario le Yako (野狐 "volpi di campo", o nogitsune) sono dispettose o per lo più malvagie.
In contrapposizione alle Zenko con il loro poteri portano guai e riescono a possedere gli esseri umani. I poveri malcapitati vengono chiamati yako-tsuki e la possessione li fa sembrare folli. Nel passato per giustificare malati di mente si credeva fossero posseduti da queste entità maligne. Talvolta l’incontro con loro causa la morte.
Oltre ad essere intelligenti sono molto sagge. Questa saggezza accresce con il tempo come i poteri fino alla onniscienza. Esse sanno tutto quello che succede nel mondo, conoscono il passato e ciò che accadrà in futuro.
Leggenda Narra
Effettivamente la parola Kitsune non significa letteralmente volpe. Kitzu era il termine che ne indicava il verso. In giapponese antico, kitsu-ne significava "torna e dorme" oppure ki-tsune "torna sempre". La giustificazione può essere data da una delle tante leggende su questi spiriti. La più antica narra:
«Ono, un abitante di Mino (come narra un'antica leggenda giapponese del 545 d.C.), impiegò molto tempo per trovare il suo ideale di bellezza femminile. Una sera trovò la donna perfetta in una vasta palude decidendo quindi di sposarla. Contemporaneamente alla nascita del primo figlio anche il cane di Ono ebbe un cucciolo, che crescendo divenne sempre più ostile verso la donna delle brughiere. Ella pregò il marito di ucciderlo, ma lui si rifiutò. Un giorno il cane l'attaccò terrorizzandola tanto che lei tornò alla sua originale forma volpina e scappò via.
"Sarai anche una volpe" le diceva poi Ono "ma sei la madre dei miei figli e io ti amo. Torna quando ti pare; sarai sempre benvenuta".
Così ogni sera ella tornava e dormiva tra le sue braccia.»
(Dal racconto Torna e dorme scritto dal monaco Kyoukai nel tardo VIII secolo o all'inizio del IX secolo)
Un essere dualista
Come detto sono spiriti mutaforma, hanno la capacità trasformarsi senza problemi d’età o di sesso. La loro figura più famosa e indubbiamente affascinante è quella di una bella e giovane donna. Infatti kitsune-gao (狐顔 "faccia da volpe") e un termine usato per descrive lineamenti femminili, con zigomi alti con occhi fini e ravvicinati considerati molto sensuali. Secondo la tradizione si crede che vedere vagare senza meta una bella donna durante le ore dell’imbrunire sia in realtà una volpe.
Per poter scoprirne la vera natura bisogna trovarne la coda poiché le Kitsune non riescono a mascherarla nella trasformazione. In alternativa si dovrebbe essere persone leali ma anche la loro avversione per i cani può essere un segnale, proprio perché animali leali riescono a percepirne il vero essere. Talvolta nella loro forma maligna le Kitsune traggono forza e potere dai proprio amante. Assorbono le loro energie tramite rapporti sessuali e prosciugano le forze dell’essere umano e macabramente ne causano la morte.
Ci sono diversi santuari dedicati ad Inari il loro protettore ed e usuale trovare raffigurazioni di questi animali in giro per i templi. Il più conosciuto è il Fushimi Inari Taisha il santuario dedicato alla divinità situato a Kyoto. Presenti anche nel buddismo, troviamo Dakini l’alterego femminile di Inari, mentre cavalca una volpe bianca brandendo una spada. In questi templi, i fedeli sono soliti lasciare offerte di cibo per loro, udon, soba, sushi ma preferibilmente l'aburaage tofu fritto di cui si dice le Kitzune siano grandi golosone.
Dalla tradizione alla animazione
Sono indubbiamente creature molto amate in Giappone. Sono presenti nelle maschere tipiche dei spettacoli teatrali in diverse varianti: Gin-Tenko /volpe d’argento, Kinko /volpe d’oro, Hakuko/volpe bianca e molte altre. Nei netsuke sono statuine di legno o avorio che fungono come borselli per adornare i kimono, ed è normale trovarle spesso in manga o anime di enorme successo. Il più famoso negli ultimi anni è stato sicuramente “Naruto”, il giovane ninja che ha sigillato dentro di se lo spirito di una volpe.
Questo animale infatti è presente nei tratti del carattere, nell’aspetto fisico e nei poteri. Ritroviamo le volpi anche in “Inuyasha” dove Shippo è un piccolo demone volpe che combina simpatiche gag mutando aspetto. Anche in Kurama personaggio di “Yu degli spettri” che da spirito di volpe rinasce umano come Shuichi Minamino. Molto presente in questo ultimo personaggio il bellissimo dualismo di questi spiriti. Da un lato umano di buona indole, devoto verso la madre, leale agli amici mentre dall’altro spirito di volpe crudele ed impassibile. Tuttavia, questi sono solo alcuni esempi di quanto abbiano influenzato il mondo dell’animazione.
A Shiroishi, città situata a Tohoku regione nel nord del Giappone, si trova il Miyagi Zao Fox Village, un parco faunistico dove si possono incontrare questi simpatici animali nel loro habitat naturale ed in libertà. Qui si può notare come essi siano socievoli ed è facile scattare foto ed interagire con loro.
Festival, parate
Ovviamente in un paese amante delle tradizioni come il Giappone vi sono numerosi festival per celebrarli. Il Kitsunebi Matsuri, festival della volpe di fuoco, si celebra il quarto sabato di settembre in prossimità del santuario Okura Inari di Hida. In questa occasione, gli abitati creano una mascherata, un matrimonio per auspicarsi fortuna. Durante il capodanno invece a Kita (quartiere speciale di Tokyo) si celebra la parata delle volpi di Ōji. In questo evento, ci si veste da volpe per recarsi nel santuario di Ōji Inari. Questa parata prende spunto da una leggenda che vuole che le volpi di tutto il Giappone si riuniscano sotto un albero travestite da umani per festeggiare il capodanno e raggiungere assieme il santuario.
I Matrimoni
Troviamo anche il modo di dire Kitsune no yomeiri (狐の嫁入り "matrimonio di volpi"). È risaputo che di notte le Kitsune si riuniscono, ed in fila l’una dietro l’altra percorrono i fiume e le montagne con lanterne di carta per celebrare delle nozze. Eccezione fa Tokushima dove si crede sia una processione funebre. A detta dei giapponesi se fuori piove ma c’è il sole le volpi festeggiano un matrimonio. Il pensiero cambia a seconda della zona dove ci troviamo. Per esempio, con la neve a Ehime mentre con l’arcobaleno a Kumamoto. A volte, con questi fenomeni atmosferici capita di notare delle sfavillanti lucine, esse sono infatti le lanterne delle volpi! Quando vi capita, fate attenzione, potreste vedere un matrimonio di volpi anche voi.
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